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mercoledì, 20 Novembre, 2024

Visioni Gianni Vecchione e Gavino Crispo in mostra a Cicciano

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Una doppia personale nella suggestiva location dell’antica Commenda Gerosolimitana di Cicciano, riportata al suo antico splendore dai filantropi Giuliano D’Alessio e Lia Spampanato.

Protagonisti il fotografo Gianni Vecchione e il pittore Gavino Crispo. Gianni Vecchione ha costruito una macchina plurale di ritratti, che diventa una inchiesta a tutto tondo sulla cittadina di Cicciano, visibile ad occhio fotografico, filtrata dalle diverse sensibilità che l’attraversano in ogni sua molecola, facendola diventare la grande metafora che amplifica il piccolo e attenua l’eclatante, come recita l’a-b-c dell’arte fotografica, capace di sorprendere ciò che sfugge all’occhio umano e inchiodarlo nell’icona della realtà.

Il cui oggi viene da molto lontano, per cui porta con sé, tracce molteplici, sovrapposizioni e trasversalità che rendono oscuro tutto ciò che è chiaro, complicato ciò che è semplice e viceversa, come in un gioco di specchi ingannatori che trasformano il paesaggio urbano del grazioso paese dell’area nolana, fatto di cortili e stradine, in un immenso villaggio di destini incrociati di storie personali che sono scritte nelle pietre oleose dei vicoli.

Gavino Crispo pittore, è tutto consegnato alla segretezza del suo sguardo innocente, che segue le linee erotiche dei corpi con attrazione fatale, ma senza mai essere catturato dalla morbosità, cosa che oggi appare con maggiore evidenza, nel nostro contorto universo in cui sessuomania e sessuofobia si scontrano in una arena mediatica che coinvolge la realtà e la virtualità, in una contaminazione, che compromette il discernimento e alimenta tanti tipi di pruderie che niente hanno a che fare con l’arte.

Tutta la pittura di Crispo, da quella più leggera a quella più pesante, fa ancora pronunciare la parola contemplazione, nel senso etimologico del termine, dato da una fortissima capacità di instaurare un dialogo, senza parole, fatto di scorrimenti linguistici che hanno fatto di lui un maestro, a cui non si può non fare riferimento.

Si tratta di una bellissima pagina dell’arte, che ha seguito la linea della continuità, situando l’invenzione all’interno della sua poetica, che è l’espressione della sua personalità limpida, che non vuole dire semplice, ma capace di mettere ordine nei suoi sentimenti e nelle sue emozioni, capace di fare una vera psicanalisi di se stesso, di guardarsi dentro e di guardare fuori, producendo un universo visivo a tutto tondo, come oggi sempre di meno accade.

A tutte queste finestre sì affacciano i molteplici accostamenti di questa sintesi narrativa, che volutamente scarta ogni filo conduttore di senso e di significato tra i due artisti, che finirebbe per dare un titolo a Cicciano, cosa che qui si vuole evitare, in queste pagine di silenzio, dove tutto è fatto di sguardi dispersi nel vuoto o attaccati ad un dialogo muto, sospeso a distanza, nell’atmosfera di un grande silenzio, di tutti i personaggi solitari, il cui sguardo è attirato da qualche cosa fuori scena, come a sottolineare l’intensità dei tratti di contrasto di pietre e di antropologia senza tempo, senza modernità, attaccata ad una antichità che non vuole passare, ad una attualità la cui attesa è piena di speranza.

Prof. Pasquale Lettieri
Critico d’arte

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