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mercoledì, 27 Novembre, 2024

VISCO: CAMBIARE IMPRESE E LAVORATORI. Il governatore di Bankitalia si rivolge a Confindustria

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Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco chiede un forte cambiamento al settore pivato, a imprese e lavoratori. “Non solo ai soggetti pubblici e ai policy maker si chiede uno sforzo per cambiare – dice -. Un altrettanto profondo mutamento è richiesto ai privati”. La sfida per loro, continua, è “un salto di qualità di prodotto e di processo, che le porti a essere più grandi, più tecnologiche, più internazionalizzate”.

E, davanti agli industriali riuniti in convegno a Bari, continua così la sua esortazione: “Attraverso una maggiore patrimonializzazione, anche con risorse proprie, gli imprenditori potranno dimostrare direttamente la fiducia nelle prospettive delle loro imprese”. Una maggiore patrimonializzazione, secondo il governatore, faciliterebbe anche “il reperimento di risorse aggiuntive da intermediari e risparmiatori”. E “una maggiore diversificazione delle fonti di finanziamento permette alle imprese di ridurre la dipendenza dal credito bancario migliorando la capacità di resistenza agli shock e contribuendo al tempo stesso allo sviluppo del mercato dei capitali”.

“Stimolare gli investimenti” – La ripresa, continua, “richiede di affrontare i nodi strutturali”. Nel privato come nel pubblico, non solo bisogna agire su capitale umano e innovazione tecnologica, “sono necessari comportamenti e politiche volti a stimolare gli investimenti fissi e a innalzare le frontiere della conoscenza e della tecnologia, in ultima analisi, la crescita del Paese”. 

“Quadro fragile, servono le riforme” – Visco ricorda però che, accanto ai “segni di ripresa”, il quadro economico resta “fragile”. E avverte: “Riprendere una crescita robusta e bilanciata, in grado di creare occupazione stabile e accrescere la produttività del lavoro, necessita inevitabilmente di azioni su vari fronti, inclusi il consolidamento fiscale e le riforme strutturali”.

“L’economia italiana si è trovata a fronteggiare le recenti crisi, globale prima, del debito sovrano poi, in condizioni più sfavorevoli di altri Paesi”. Così, “a causa di carenze strutturali, in primis l’elevato debito pubblico e la bassa crescita della produttività, che hanno frenato lo sviluppo fin dalla seconda metà degli anni Novanta, l’impatto è stato in Italia più grave che altrove”.

I numeri della crisi nel nostro Paese – “All’inizio del 2014 la produzione industriale risulta più bassa di circa un quarto rispetto al picco ciclico del 2008; in Francia il livello è inferiore del 16 per cento, mentre in Germania l’attività industriale è ritornata al livello pre-crisi già dal 2011. La disoccupazione è aumentata in misura più marcata, raddoppiando dai minimi del 2007; come in altri Paesi, la recessione ha pesato soprattutto sui giovani: il tasso di occupazione per quelli di età compresa tra i 15 e i 24 anni, escludendo gli studenti dalla popolazione di riferimento, è sceso al 42 per cento, dal 60 nel 2007; dal 74 al 65 per cento per la classe di età dai 25 ai 34 anni”.

Inoltre, ha indicato ancora Visco, “la debolezza della produttività è evidente sia in chiave storica sia rispetto ai principali concorrenti; si è riflessa in una sfavorevole evoluzione della competitività esterna. Nel periodo 1996-2007 la produttività oraria è cresciuta in media all’anno dello 0,6 per cento in Italia, più del doppio nell’area dell’euro (1,4), il triplo in Francia (1,7) e in Germania (2). Negli anni della crisi, tra il 2008 e il 2012, la produttività è arretrata nel nostro Paese (-0,2 per cento in media all’anno), contrariamente a quanto accaduto in Francia e in Germania (0,3) e nella media dell’area (0,7)”. 

“Crisi per mancanza di innovazione” – Andamenti che “riflettono principalmente la mediocre crescita di quella che gli economisti chiamano produttività totale dei fattori, che dipende in misura fondamentale dal capitale umano e dalla capacità d’innovazione e organizzazione delle imprese, oltre che dal contesto istituzionale. Queste determinanti cruciali dello sviluppo presentano nel nostro Paese carenze note e finora irrisolte. E’ utile discuterne congiuntamente, seppur per sommi capi, anche in ragione delle pronunciate interrelazioni tra le tre variabili e della conseguente possibilità che si creino circoli viziosi”. 

Una crescita sostenuta della produttività”, avverte Visco, “richiede una forza lavoro che sappia da una parte sfruttare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie, dall’altra adeguarsi tempestivamente alle rapide trasformazioni dell’economia mondiale. Ma conoscenze e competenze dei lavoratori hanno altresì bisogno di imprese e imprenditori dinamici e competitivi che le sappiano valorizzare e aggiornare, in grado di raccogliere le sfide poste dall’innovazione e dalla globalizzazione. Spetta infine alla politica creare un contesto istituzionale più favorevole all’attività d’impresa e alla valorizzazione del capitale umano”.

Imprese italiane troppo indebitate” – “Nel confronto con gli altri principali Paesi avanzati la struttura finanziaria delle imprese italiane è più sbilanciata verso l’indebitamento – ha detto ancora il governatore -. E’ un tratto strutturale che dipende anche dalla scarsa propensione delle imprese ad aprire l’azionariato a investitori esterni”. 

“In ritardo nell’istruzione” – Infine, il governatore punta il dito contro la situazione dell’istruzione in Italia e avverte: “Molti indicatori mostrano da tempo un ritardo del nostro Paese nei livelli di istruzione e di apprendimento di studenti e adulti. E’ necessario capire perché famiglie e imprese investano in capitale umano meno che negli altri Paesi”.

La Critica

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