E’ dal 2 febbraio che i venezuelani sono scesi in piazza per manifestare contro l’inettitudine a governare del presidente Nicolas Maduro, il successore di Ugo Chavez, eppure le notizie sui nostri media sono sporadici, o per mancanza di voglia oppure, più semplicemente, per affinità di colore col governo venezuelano in carica.
Tutto è iniziato il 2 febbraio, quando gli studenti universitari dello stato di Tachira si sono mobilitati per chiedere maggior sicurezza in Venezuela che, lo ricordiamo, è, tra i paesi del Sud America, quello che conta il maggior numero di reati violenti e omicidi e nell’arco di pochi giorni, le manifestazioni, si sono estese a tutto il paese.
La popolazione, oltre al problema della sicurezza, lamenta la mancanza di reperimento dei beni di prima necessità come il latte, il pane e persino la carta igienica; i continui black out dell’energia elettrica e l’inflazione salita ad oltre il 50%.
Dopo dieci giorni di manifestazioni continue, il governo comunista di Maduro esprime al massimo la sua voglia di democrazia: tre manifestanti vengono raggiunti da colpi d’arma da fuoco e uccisi, tra questi anche Alejandra Carmona, 21 anni, studentessa universitaria e miss turismo del Venezuela, raggiunta da un proiettile alla testa, stando alla testimonianza della sorella che manifestava con lei, sparato dalla milizia chavista (i sostenitori del governo Maduro).
Intanto che le proteste di piazza continuano il leader dell’opposizione Henrique Capriles, che aveva sfidato Maduro alle presidenziali del 2013 si dissocia dal fronte manifestante asserendo che quella non è la strada da percorrere per far cadere il governo, quindi viene scelto come leader alternativo Leopoldo López, ex sindaco di Chacao (una delle municipalità in cui è divisa Caracas).
Maduro, che nel frattempo condanna duramente le manifestazioni accusando i dimostranti di essere dei nazisti, democraticamente, un ordine di arresto per López, con l’accusa d’incitamento alla violenza, danni alla proprietà pubblica, omicidio e terrorismo per aver guidato le manifestazioni del 12 febbraio contro il governo.
Il nuovo leader dell’opposizione, dopo cinque giorni di latitanza si costituisce alla polizia di Caracas e rischia fino a 10 anni di carcere.
Il 17 febbraio, il governo di Caracas espelle tre funzionari diplomatici statunitensi, accusandoli di cospirare contro il governo, subito dopo suona la sveglia (finalmente!) presso il dipartimento di Stato e John Kerry esprime in un suo discorso preoccupazione per la situazione in Venezuela e per le centinaia di studenti che sono stati arrestati e di cui la polizia non ha rilasciato informazione in merito.
Arriviamo al 21 febbraio, in una dichiarazione pubblica, il ministro dell’interno venezuelano, Miguel Rodríguez Torres, annuncia che verranno inviati 3000 uomini dell’esercito a sedare le manifestazioni nello stato di Tachira, vicino al confine con la Colombia.
Al momento non si hanno altre notizie dal fronte venezuelano, le manifestazioni popolari contro il regime comunita di Maduro continuano in tutto il Paese, a tredici è salito il numero delle vittime della polizia chavista tra i manifestanti.
Il primo marzo, una nostra connazionale e fotoreporter de “El Nacional” Francesca Commissari, originaria di Reggio Emilia, è stata arrestata insieme ad un cittadino portoghese e ad altri 41 manifestanti, interrogata dalla polizia, subito processata e rilasciata poiché il giudice non ha trovato prove per imputarle nulla.
In merito alla Commissari si ringrazia vivamente la Farnesina per non aver agito tempestivamente per il suo rilascio (Marò docet).
Il 3 marzo Ban Ki Moon, segretario generale delle Nazioni Unite, sotto pressione dell’Alto Commissariato dei Diritti Umani, ha dichiarato che il governo di Caracas deve cessare le ostilità contro i manifestanti rispettandone il diritto a manifestare e ascoltare le richieste della popolazione; Ban Ki Moon ha inoltre richiesto che il presidente del Venezuela organizzi una “conferenza di pace” e discutere della situazione del Paese con i membri dell’opposizione, con i vari delegati di tutti i settori economici venezuelani e con la Chiesa Cattolica.
Le stesse richieste verranno fatte oggi stesso da Ban Ki Moon al ministero degli esteri venezuelano Elias Jaua, durante l’incontro che i due avranno a Ginevra.
Gian Giacomo William Faillace