I primi li conosciamo tutti, sono la diffamazione e l’accusa infondata di essere “fascista” che da sempre la sinistra usa nel tentativo di screditare chi le muove qualche rilievo su comportamenti o azioni distraendo nel contempo l’attenzione dell’opinione pubblica da quanto le è imputato. Con il secondo ci lavorano gli architetti e sulla terza picchiettano i giornalisti.
C’è chi ha pensato che fosse sufficiente rimescolare questi tre elementi per difendere il consigliere di zona nove Leonardo Cribio – di cui non ci occuperemo, lo stanno già facendo in altre sedi – dall’accusa di vilipendio alla memoria. Ci spiace per loro ma non basta dequalificare, Massimiliano Russo, per rendere meno gravi o cancellare le parole scritte da Cribio. Comprendiamo però la logica del branco che li ha indotti ad agire in questo modo, ed essendo noi a nostra volta un branco chiamato “redazione” smonteremo quanto hanno detto parola per parola.
“Ha decontestualizzato, non è un architetto, non è un giornalista” questi i tre rilievi mossi a Russo. Bene, sul primo suggeriremmo agli amici di Cribio di soprassedere, perché sono in nostro possesso gli screenshot completi del “contesto”, dove nei commenti il consigliere rincara addirittura la dose. Non abbiamo intenzione di pubblicarli per non arrecare troppo danno a un ragazzo ancora giovane, ma li conserviamo a futura memoria nel caso qualche giudice ci chiedesse di mostrarli.
Massimiliano Russo è un architetto, ne abbiamo la certezza fisica conoscendo i professori che lo hanno laureato. Essendosi specializzato in disegno industriale e arredamento non ha dovuto ottemperare l’obbligo di iscriversi all’albo. Probabilmente chi voleva screditarlo ignorava che: “L”iscrizione al l’albo è prerogativa di chi vuole firmare progetti e non di chi in realtà ha conseguito la laurea in architettura”.
Per quanto riguarda l’essere giornalista, Massimiliano Russo ha firmato un contratto – redatto dall’ordine dei giornalisti – con l’editore di questo giornale allo scadere del quale avrà maturato le caratteristiche per ottenere il tesserino da giornalista pubblicista. In attesa che ciò avvenga, riportiamo quanto stabilito dalla legge per chi, ailui, la ignora: ‹‹la legge istitutiva dell’Ordine non osta in alcun modo a che tutti possano collaborare ad un giornale senza essere iscritti. Nega però la possibilità di svolgere tale attività in maniera professionale, ovvero “maniera stabile, continuativa, sistematica e retribuita”. Nella stessa logica del legame tra professionalità e responsabilità, la legge riserva ai soli iscritti all’albo – siano essi professionisti o pubblicisti – la direzione responsabile di giornali, periodici e agenzie di stampa di carattere nazionale (art. 46 l. 69 del 1963 e Corte cost. n. 98 del 1968). Tale linea di demarcazione tra attività di carattere saltuario e attività continuativa è accolta anche dalla Corte di Cassazione, che nel 1971, in una delle rarissime pronunce in materia di esercizio abusivo della professione giornalistica, sancisce che “poiché la Costituzione garantisce a tutti il diritto di manifestare il proprio pensiero liberamente e con ogni mezzo di diffusione, OGNI CITTADINO PUO’ SVOLGERE, EPISODICAMENTE, L’ATTIVITA’ DI GIORNALISTA. Non commette pertanto il reato di abusivo esercizio della professione di giornalista, di cui agli artt. 348 cod. pen. e 45 legge 3 febbraio 1963, n 69, colui che, senza essere iscritto all’albo dei giornalisti o in quello dei pubblicisti, collabori saltuariamente ad un periodico venendo retribuito volta per volta”››.
Quanto sopra per dovere verso chi collabora con noi e chiarezza nei confronti dei nostri lettori, degli altri poco ci importa.
La Critica