di Roberto Donghi
A breve saranno passati vent’anni dalla morte di Bettino Craxi, leader del Psi e primo Presidente del Consiglio socialista nella storia d’Italia. Un anniversario che ha riacceso il dibattito sull’intitolazione a suo nome di una via a Milano, proposta che probabilmente, ancora una volta, non vedrà accoglimento.
L’ennesimo accanimento politico di chi, per fare politica, ha sempre bisogno di nemici, anche quando questi sono scomparsi da tempo. Peccato: intitolare una via sarebbe stato il principio di un’apertura sulla verità storica del personaggio. Dopotutto come sarebbe possibile altrimenti? La Milano da bere, socialista, ricca è figlia sua, del suo tempo, della sua visione. È la città simbolo di una crescita e di un benessere che dagli anni’80 ad oggi non ci ha più abbandonato.
Eppure c’è anche da dire che tra le tante riflessioni urbanistiche e di tifoseria politica che si fanno dai tempi di manipulite, non possiamo più limitarci a materialistiche e banali intitolazioni di strade. Dopo venti anni dalla morte è appunto ora di aprirsi ad un dialogo serio e storico su una figura che ha inciso molto in Europa e nel mondo, che ha avuto idee, visioni ed una caratura politica che oggi possiamo solo rimpiangere.
Craxi non può rimanere più il capro espiatorio di cinquant’anni di prima repubblica: di Cristo ne abbiamo avuto già uno ed è divenuto tale per cose più importanti. Craxi non può più essere “la testa sulla picca” di una sinistra giustizialista e manettara, lui che di sinistra lo era per davvero. Craxi è stato l’eurosocialismo, la scelta atlantica, è stato un grande diplomatico amico della libertà ed un Presidente che si poneva alla pari dei colleghi, Thatcher e Reagan inclusi. Socialista quanto riformista, con la testa al futuro ed i piedi ben radicati nella storia d’Italia.
Forse dopo tutto questo tempo potremmo anche sperare in una riflessione su di lui, ma dobbiamo anche ricordarci che l’Italia, per comodità personale e politica, non è riuscita e non riesce ancora a fare i conti storici con il fascismo, finito da 75 anni. Ci riuscirà con Craxi?