di Mario Alberto Marchi
Non si fa che parlare di economia circolare, di sostenibilità. Rispondiamo all’aumento di costi delle energie importate, progettando piani epocali di fonti alternative. Ci diciamo “bravi” per le buone pratiche di raccolta differenziata e riciclo. Intanto, però, ci prendiamo delle gran bacchettate per inadempienze su questioni che dovrebbero essere alla base delle più minime politiche ambientali. Parliamo del trattamento e scarico delle acque reflue urbane, insomma delle fognature della nostre città.
E’ di questi giorni la condanna dell’Italia da parte della Corte Europea per avere sistematicamente violato gli standard comunitari. Il caso si riferisce, in particolare, alle condizioni dei sistemi di trattamento delle acque reflue nelle zone del bacino drenante nel Delta del Po e nell’Adriatico, del lago di Varese, del lago di Como e del bacino drenante del Golfo di Castellammare, ma solo una parte del procedimento, che parla di ben 600 aree nella quali fogne e depuratori, è risultato fuori regola, qui fosforo e azoto hanno fatto segnare livelli inaccettabili.
L’UE per questa volta ci ha risparmiato sanzioni economiche, ma così non era stato per un altro procedimento, chiuso nel non lontano 2018: da allora l’Italia paga ogni due mesi una multa di 30 milioni di euro – oltre a 25 milioni versati subito dopo la sentenza – fino a quando riuscirà a dimostrare di aver ristabilito una situazione di conformità con quanto previsto dalle disposizioni europee, in un altro gruppo di città e aree, dove erano stati rilevati gli stessi problemi di trattamento delle fogne. Insomma, siamo gravemente recidivi, e la cosa ci sta costando un sacco di soldi.
La questione, però, oltre che dal punto di vista economico diretto, è grave sotto l’aspetto dell’ambiente e della salute, e non ci facciamo certo una bella figura. La rilevazione più recente dimostra che, sui 27 membri dell’Unione, siamo al 22esimo posto in termini di raccolta della acque reflue e nella classifica del trattamento de biologico prima dello scarico, con un dato del 77% siamo gravemente sotto la media europea che è dell’88%.
Eppure non risulta, nemmeno nel programma di questo Governo , un piano di intervento adeguato, neppure approfittando dei miliardi del PNRR.
Possibile che non avanzi nemmeno 1 euro , ad esempio, dei 500 milioni destinati al “recupero di aree industriali dismesse, al fine di riconvertirle per la produzione di idrogeno”?
Davvero non si potrebbe risparmiare qualcosina dai finanziamenti stanziati per costruire quasi 2000 chilometri di piste ciclabili?
Non stride un po’ pensare che 15 miliardi risultino destinati alla “tutela dei territori e delle risorse idriche”, quando nella campagne e nei fiumi continuiamo imperterriti a sversare liquami fuori da ogni regola?