Qualcuno dei miei amici più cari, nonchè qualche altra persona che segue le cose che pubblico sui social, sono rimasti amaramente sorpresi per alcune mie esternazioni relative al giudizio sulla ‘società civile’ e alla sua reale possibilità di incidere, in questo momento, sui processi di cambiamento, dei quali, questo paese ha la necessità, non più solo il bisogno.
In poche parole, riassumendo, ho affermato che essa non è pronta ancora ad assumere un ruolo da protagonista ed autonomo in merito.
Sarà bene, innanzitutto, capire cosa ho inteso con il termine, per alcuni abbastanza generico (come negarlo?), di ‘società civile’.
Ho inteso nient’altro che tutto quel personale politico impegnato che non è proveniente da alcuno degli apparati standard della politica ossia i partiti e nemmeno ad essi riconducibile in qualche modo.
Perchè io, in questi due anni e mezzo, a 360° gradi e ben oltre quello che è il mio spettro di interesse politico identitario, solo a questo approfondimento ho dedicato tutta la mia attenzione ed il mio modestissimo contributo: a valutare, cioè, ogni ipotesi politica di reale cambiamento che vedesse questa ‘società civile’, così come l’ho appena definita, ergersi a forza determinante.
Non credo di essermi risparmiato niente da questo punto di vista.
Le conclusioni che ho tratto sono riassumibili in queste 3 parole: NON E’ PRONTA.
Non lo è perchè non ha mezzi finanziari da mettere in campo, non lo è perchè è ancora troppo acerba nell’uso della tecnologia ai fini della politica attiva (unico modo per farla senza soldi), non lo è perchè non ancora capace di cooperazione tra i vari segmenti che la compongono, interessati, a vario titolo, al cambiamento.
Gli intellettuali che hanno la capacità di sapere cosa vi sia da fare, non parlano con quelli che scendono in piazza o che sarebbero disposti a farlo (forse pensano che per convincerli basti la pubblicistica ed i processi di maturazione spontanea delle persone), questi ultimi vedono negli intellettuali solo persone buone a fare convegni, scrivere libri e nient’altro.
Vi è, infine, non solo una litigiosità tra mondi identitari lontani che impedisce qualsiasi gioco di squadra, nel quale, invece, lo status quo ha da insegnare per quanto è bravo a ricorrervi, ma, persino, una litigiosità interna alle stesse aree identitarie che impedisce qualsiasi iniziativa di peso in seno alla difficile realtà che tutti stiamo vivendo.
Per dirla in uno schema a me caro, vi è un SISTEMA con i suoi ELEMENTI non più in grado di riprodurre alcun equilibrio politico-economico-sociale in seno all’INSIEME-paese e vi è un ANTI-SISTEMA di fatto non in grado di sovrapporglisi positivamente, per il momento e per chissà quanto altro tempo.
In questa situazione o la ‘società civile’ sa almeno coniugarsi con qualcuno degli ELEMENTI del SISTEMA (se ve ne sono di funzionali in tal senso) per determinarne lo scollamento dalle sue parti più irriformabili oppure si è perso e questa sconfitta, nel nostro caso, ha due opzioni di forma: si chiamano TROIKA oppure ‘PD e dintorni for ever’ ed allora si salvi chi può.
Cristiano Mario Sabbatini