di Gabriele Rizza
“Vogliamo dirlo con chiarezza: è arrivato il tempo di eleggere una donna al Quirinale”, questo l’appello – manifesto di alcune donne del mondo dello spettacolo e della cultura, tra le quali: Dacia Maraini, Edith Bruck, Liliana Cavani, Michela Murgia, Luciana Littizzetto, Silvia Avallone, Melania Mazzucco, Lia Levi, Andrée Ruth Shammah, Mirella Serri, Stefania Auci, Sabina Guzzanti, Mariolina Coppola, Serena Dandini, Fiorella Mannoia. Nessuna lista di nomi, nessuna proposta di candidatura dall’alto – nomi che sarebbero stati certamente bruciati in quanto, oramai, oltre al palazzo è anche il palco ad essere distante dalla piazza – piuttosto la presa di coscienza che “Tra poco sarete chiamati ad eleggere il Presidente della Repubblica, e crediamo sia giunto il momento di dare concretezza a quell’idea di parità di genere, così tanto condivisa e sostenuta dalle forze più democratiche e progressiste del nostro Paese”.
Tutto legittimo, pacifico e democratico. Con un ma che di fronte a battaglie non può essere sottaciuto. È infatti tipico dello star system progressista, o semplicemente di chi pubblicamente ha visibilità, credere che sia la novità a cambiare la società e non la società a cambiare dal basso portando ad una rottura con il passato visibile, ad esempio, con un’elezione a Presidente della Repubblica.
Certamente, sarebbe bellissimo se una persona per merito, storia e capacità diventasse Presidente della Repubblica, che sia donna o uomo, che sia eletto non per il genere ma per il merito. Solo quando non ci si porrà il tema del genere ma solo quello del merito vorrà dire che la parità di genere sarà finalmente realtà. Altrimenti, il rischio sarà sempre quello di cadere nella sindrome delle “quote rosa”, quelle che fino ad ora hanno fatto solo contenti e contente tutte quelle persone di potere che con le vere discriminazioni non hanno mai avuto a che fare.
Si dice che il segnale di un Presidente donna riverserebbe a cascata un effetto positivo. Lo sarebbe probabilmente d’immagine e per i titoli dei quotidiani, ma vi immaginate un datore di lavoro che il giorno dopo l’elezione non si farà più problemi a promuovere o ad assumere una donna per il pericolo gravidanza? Il giorno dopo questa elezione molte donne non dovranno più scegliere se dedicarsi alla carriera o alla famiglia perché la legislazione sociale non permette ancora di conciliare lavoro e casa? Evidentemente no. Piuttosto, si proponga l’attuale ministro della giustizia Cartabia perché è bravissima. Questo sì che cambierebbe le cose: si cambia davvero con il meglio, i manifesti sono buoni per farsi pubblicità.