Abbiamo visto, negli articoli precedenti, alcuni bulbi eduli che possiamo coltivare nel nostro orto di casa. Anche tra le tuberose, però, ci sono dei prodotti interessanti. In particolare ne segnalo due, uno di grande importanza economica e storica, la patata (Solanum tuberosum) e uno meno usato e conosciuto, il topinambur (Helianthus tuberosus).
La patata è una pianta perenne importata in Europa dal Nuovo Mondo, dove era coltivata, sugli altipiani andini, fin dal secondo millennio prima di Cristo. In principio non riscosse molto successo. C’era infatti una certa diffidenza per ciò che cresceva sottoterra, retaggio di una mentalità superstiziosa e medievale che vedeva tali cibi come “cibo del demonio”. Sulla patata quindi si diffusero varie leggende negative. Si arrivò a dire che mangiarla poteva provocare la lebbra!
Nemmeno gli illuministi furono esenti da tali pregiudizi. Nella celeberrima “Enciclopedia” del 1765 la patata era definita “cibo flatulento”.
Se in Francia il tubero era disprezzato, miglior fortuna ebbe in Germania e nei paesi nordici, forse a causa del rigido clima di quei paesi e della grande adattabilità della patata. A lanciarla in Francia, e a farla entrare di diritto nella raffinata cucina di quel paese, fu un agronomo, farmacista e nutrizionista di nome Antoine Parmentier.
Nel 1771 fu istituita una commissione per studiare delle alternative ai vegetali più comunemente usati in caso di carestia. Parmentier, che aveva provato le virtù della patata quando era farmacista al seguito delle truppe francesi in guerra, scrisse una relazione a riguardo che ebbe buon successo. In effetti la patata è una pianta forte, che ben si adatta ai terreni poveri e che, quindi, produce anche in condizioni in cui altre specie, più esigenti, falliscono.
Restava però un problema: convincere la gente a mangiare le patate! Per riuscirci Parmentier escogitò un trucco molto efficace. Fece mandare dei soldati a presidiare alcuni campi di patate dall’alba al tramonto, diffondendo la voce che la patata fosse un ortaggio tanto prelibato da essere destinato alla mensa del re. La gente, incuriosita e attratta da questa “novità”, rubò le patate nottetempo (come Parmentier sperava).
Il nome di questo brillante personaggio è rimasto nella storia della cucina. Le “patate alla Parmentier” sono infatti una famosa e prelibata ricetta.
Oggi le patate sono raramente coltivate nell’orto casalingo. Il loro costo sul mercato è basso e quindi spesso si preferisce coltivare specie più costose. Ciò nonostante, la coltivazione delle patate può dare soddisfazione.
La patata si adatta a tutti i terreni, anche se non ama particolarmente quelli troppo compatti e quelli alcalini, ed è particolarmente indicata per i terreni poveri o stanchi (già sfruttati per coltivare piante più esigenti in termini di sostanze nutritive). Cresce rigogliosa e non ha molti nemici se non alcuni vermi che posso mangiare e danneggiare i tuberi e la temuta dorifora, un coleottero che mangia la parte aerea. Di come risolvere tali problemi parleremo più avanti.
Per iniziare la coltivazione sarà necessario vangare abbastanza profondamente il terreno, ribaltando lo strato fertile e mischiando alla terra del concime, possibilmente organico (letame, stallatico, composta…).
Si piantano poi i tuberi in file ordinate, con una distanza di trenta-trentacinque centimetri sulla fila e di sessanta-ottanta centimetri tra le file. In
commercio si trovano patate giovani di piccola pezzatura, ideali per l’impianto (quelle che in cucina sono definite “patate novelle”). In alternativa si possono riprodurre i tuberi tagliandoli, facendo attenzione a che ogni parte abbia almeno un “occhio” (gemma). Può essere opportuno disinfettare i pezzi con un fungicida generico per evitare marciumi.
Il periodo di piantumazione cambia da zona a zona. Per le varietà precoci si può già piantumare a dicembre per raccogliere ad aprile (anche al nord), mentre le altre varietà si pianteranno a marzo per raccoglierle ad agosto. In montagna si posticipa la piantumazione a maggio e si raccoglie a settembre.
La patata ama i climi temperato-freddi. Al sud Italia quindi le si pianta in autunno per raccoglierle poi in primavera.
Quando gli steli della pianta saranno cresciuti può essere utile rincalzare addossando del terriccio ai fusti in modo da favorire la produzione di rizomi e tuberi.
La patata va tenuta annaffiata in caso di prolungata siccità, evitando però i ristagni.
Il topinambur, come la patata, è una pianta perenne proveniente dall’America, ma non ha avuto la stessa fortuna, forse perché meno produttiva. In Italia è usato in Piemonte e quasi sconosciuto nella cucina del resto della penisola. Nel nord Europa è invece apprezzato.
Viene spesso usato anche come pianta ornamentale. Forma infatti gruppi di piante, alte anche due metri, dai bellissimi fiori giallo intenso.
La coltivazione è semplice. Si prepara il terreno con una vangatura e una concimazione organica, come per la patata, a primavera e si piantano i tuberi, mantenendo una distanza di circa trenta centimetri sia sulla fila che tra le file, a una profondità di circa dieci centimetri.
I tuberi non necessitano inizialmente di molta acqua. Il loro fabbisogno aumenta nel periodo di massima vegetazione e di fioritura.
Quando le piante saranno alte e cominceranno a presentare i boccioli potrete cimarle, eliminando parte della fioritura (o tutta) per limitare le spese energetiche della pianta e aumentare la pezzatura del tubero. Questa operazione è consigliata per chi volesse raccogliere il tubero in questo periodo, appena prima della fioritura. Per quanto già utilizzabile, però, il tubero non ha ancora raggiunto il suo massimo grado di maturazione e di ricchezza. È quindi meglio attendere, per la raccolta, l’autunno. In quella stagione la parte vegetativa delle piante secca e il tubero ha la massima quantità di riserve al suo interno.
Se raccogliete in autunno non è necessario cimare e potete quindi godervi l’abbondante e allegra fioritura estiva del topinambur.
I tuberi, ben lavati e puliti dalla terra, possono essere fritti o bolliti, come le patate, e hanno un gusto in qualche modo simile al carciofo, tanto che in
inglese la pianta è conosciuta col nome di Jerusalem artichokes ovvero “carciofo di Gerusalemme”.
Il topinambur è molto diffuso anche nei terreni incolti. Spesso se ne vedono macchie sulle massicciate ferroviarie o ai bordi delle strade. Potete sfruttare questa capacità di adattamento per inselvatichirlo e creare bordi di viali, o aiuole contro muri o altri elementi da coprire, di grande effetto decorativo. In autunno, poi, avrete anche i tuberi da cucinare!
Un’ultima curiosità: il topinambur è strettamente imparentato con il girasole (Helianthus annuus) che, a differenza del suo “cugino”, è annuale e non produce tuberi.
A presto!
Enrico Proserpio