di Alessandro Giugni
«Mi ricandido per fare una vera rivoluzione», era questo l’altisonante titolo di un’intervista rilasciata da Giuseppe Sala, Sindaco di Milano, al Corriere della Sera il 16 dicembre 2020.
«Sarebbe proprio necessaria», questo il pensiero di un comune cittadino come me pochi giorni dopo quando, dopo essermi dovuto confrontare con il portale del Comune di Milano per il rinnovo della carta d’identità, ho appreso che la prima data disponibile per un appuntamento sarebbe stata il 25 maggio 2021 alle 10:30 presso gli Uffici Comunali di Via Larga. Chiunque, in periodo pre-Covid, sia stato presso tale sede ben conosce il caos che regnava all’interno delle due sale centrali e non avrebbe potuto che pensare la stessa cosa che ho pensato io: una simile tempistica doveva per forza essere dovuta dal bisogno di coniugare le precauzioni necessarie per fronteggiare la pandemia con le esigenze dei cittadini milanesi.
24 maggio 2021. Una mail inviatami dal comune mi ricorda l’appuntamento del giorno successivo. “25/05/2021 10:30. La fascia oraria è indicativa”. Quel termine “indicativa” non lascia presagire nulla di buono, ma è altresì vero che la pandemia è ancora tra noi e a ricordarcelo sono le misure restrittive (poche ormai, fortunatamente) tuttora in vigore, dunque sicuramente saranno puntuali.
25 maggio 2021. Decido di arrivare con un po’ di anticipo, «10:10 dovrebbe andare bene» penso tra me e me. Una volta giunto alla sede di via Larga, però, ogni pensiero positivo svanisce. La scena che mi si palesa davanti agli occhi è ben diversa da quella che mi ero prefigurato nei mesi precedenti: un indefinibile numero di persone è disposta in fila indiana occupando quasi tutto il marciapiede fino all’incrocio con via S. Clemente (circa 300m), non c’è nessun distanziamento, nessun addetto che faccia rispettare la tanto decantata “distanza di sicurezza”. Mosso da un ultimo soffio di fiducia nella gestione della res publica, mentre mi avvicino alla all’ingresso nella speranza di poter parlare con un dipendente dell’ufficio comunale, mi auguro che queste persone siano tutte avventori dell’ultimo minuto. Barricato dietro alla porta di vetro scorgo un ragazzo sui 30 anni il quale, con grandissima difficoltà, cerca di tenere a bada quattro persone inferocite che pretendono di entrare al grido di: «avevo l’appuntamento alle 9:30, non è possibile una situazione del genere, devo andare a lavorare». Sommessamente risponde che non è colpa sua e invita tutti a mettersi in coda. Sconfortato decido di seguire il suo invito e in pochi minuti mi ritrovo sul fondo della coda schiacciato letteralmente tra diverse persone. I commenti di chi si trova in coda sono perlopiù irripetibili. Non va tanto meglio a coloro che attendono il tram dall’altra parte della strada, ci saranno 40 persone sull’isola pedonale in attesa sotto il sole.
Trascorrono così due ore, durante le quali disdico gli appuntamenti che avevo fissato per il resto della mattinata. «Bisogna solo arrivare alla porta, poi sarà finita», penso. Sbagliato. Una volta dentro, vengo spedito nella seconda sala e la scena non risulta certo migliore di quella vista all’esterno: una ventina di persone attende di essere ricevuta in uno dei cinque sportelli aperti. Non è dato sapere a cosa servano più di 30 postazioni se poi solo 5 risultano operative: forse, a maggior ragione durante una pandemia, sarebbe il caso di prolungare il meno possibile la permanenza negli spazi chiusi. E, forse, sarebbe altresì il caso che, tra un cittadino e l’altro, gli operatori non si alzassero a chiacchierare l’uno con l’altro asciugandosi vicendevolmente la fronte per il troppo sforzo, dilazionando di conseguenza le già estenuanti tempistiche.
L’avventura, perché così va definita, si conclude in 3 ore. 3 ore per rinnovare una carta d’identità. E chissà quanto sarebbero lunghi i tempi se Sala non credesse che: «la scuola, l’anagrafe, la cultura, l’ambiente vanno pensati come servizi di base che devono essere a portata di mano. Il tempo della necessità va accorciato»