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sabato, 16 Novembre, 2024

UN ANNO DI DIETROFRONT. Dalla scuola allo sci, un paese ridotto all’eterno presente

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di Gabriele Rizza

La curva dei contagi e l’incognita delle varianti inglesi, brasiliani o sudafricane non sono fenomeni prevedibili e programmabili, non sono un progetto fatto e finito. Dalla circolazione del virus nessuno si aspetta più tempi, certezze, la puntualità del postino che bussa alla porta o un avviso di garanzia. Il problema sorge quando istituzioni e governo si comportano allo stesso modo del virus e più del virus, come una pallina da flipper che non sia da quale parti arrivi, in balìa del caos delle pareti del gioco e non sotto controllo della razionalità a portata dell’essere umano e delle sue organizzazioni pubbliche. L’ultimo rimbalzo della pallina è la chiusura degli impianti sciistici a meno di 12 ore dalla data di riapertura. Un danno per l’intero settore calcolato in 4,5 miliardi di euro, che è molto di più se consideriamo tutto l’indotto e l’economia che gira con gli spostamenti delle persone: traporti, alberghi, ristoranti e negozi.

È solo l’ennesimo dietrofront a cui ci ha abituati il governo uscente da quando, un anno fa, l’allarme del virus riempiva i notiziari e gli ospedali. La cronaca racconta di discoteche aperte a luglio e poi richiuse a ferragosto, scuole ripartite a settembre “in piena sicurezza” ma per meno di un mese, ristoranti pronti ad allietare le vacanze di natale degli italiani per poi sapere di dover abbassare la saracinesca appena prima della viglia, e così gli albergatori hanno passato il capodanno a rimborsare le prenotazioni annullate e non a lavorare. Tutto giusto se è in nome della salute e della sicurezza di tutti, consci che l’andamento dei contagi è uno scenario che cambia di settimana in settimana, ma l’azione di un governo non può ridursi al pari della circolazione del virus: se non può tenere sotto controllo ha il dovere di offrire almeno una strategia e un modo di governare chiaro e coerente. Abbiamo però perso l’unico -banale quanto decisivo – vantaggio che abbiamo, perché se il virus non pensa al domani, l’uomo sì. Ed è proprio qui che si presenta il cortocircuito causa dell’isterismo di chi governa: senza opportunità di rimborsare in modo adeguato chi non può lavorare non esistono più futuro e programmazione, ogni azione e decisione si riduce all’oggi, nella speranza che vada tutto bene 12 ore prima di un’apertura programmata.

Fortuna per Draghi che questa decisione di chiudere sia stata presa appena prima del suo insediamento, sfortunati invece tutti gli italiani che, oltre ad aver perso un’opportunità di lavoro, si sono sorbiti il teatrino delle proteste dei partititi di destra e di sinistra, forti e veementi perché nessuno per ora è responsabile di nulla; e se non c’è responsabilità non c’è nemmeno coraggio, solo tanta codardia.

 

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