di Gabriele Rizza
Più saltano i carri armati, gli aerei precipitano, civili e soldati giacciono a terra, più giorno dopo giorno viene a galla la natura di questa guerra: non più una grande potenza che invade un Paese più piccolo per popolazione, armi ed economia, ma un popolo stritolato tra le strategie e la volontà di potenza tra due attori protagonisti della scena internazionale. Il popolo ucraino è tra l’incudine e il martello della Russia e degli Stati Uniti. Se da una parte le mosse russe con la sua operazione militare speciale (variante russa della guerra umanitaria americana) e la propaganda antinazista stonano davanti le prospettive geopolitiche ed
economiche del controllo del Mar Nero, il sostegno atlantico all’Ucraina stride nei fatti con la propaganda a sostegno della libertà dei popoli e della democrazia. L’ultima dimostrazione è data dalle dichiarazioni del segretario della NATO Stoltenberg, il quale sostiene che l’alleanza atlantica è pronta a “fare tutto il possibile perché il conflitto non si espanda”.
Stoltenberg, a poche ore dall’apertura di Zelensky ad una trattativa di pace, sottolinea che “l’Ucraina deve vincere questa guerra perché difende il suo territorio. I membri della Nato non accetteranno mai l’annessione illegale della Crimea. Ci siamo inoltre sempre opposti al controllo russo su parti del Donbass nell’Ucraina”. Nella sostanza, l’Ucraina non è più libera di decidere da sé il proprio destino. Da parte degli Stati Uniti di Joe Biden non è al momento contemplata fino alla sconfitta o alla caduta di Putin, la Crimea non sarà mai riconosciuta alla Russia, al costo di protrarre questa guerra per mesi o per anni, al costo di morti civili, di miliardi di euro spese in armi, dell’economia europea in ginocchio. Così, l’alleato degli ucraini diventa il loro padrone, eppure neanche il miglior alleato può sostituirsi ad un governo legittimamente in carica – peraltro né parte della Nato né della UE – e alla sovranità del popolo ucraino. Non può farlo la Russia con la brutale aggressione del 24 febbraio, non possono farlo gli Stati Uniti con l’invio ad oltranza di armi. Se noi occidentali ci stiamo indignando e commovendo per la libertà di un popolo aggredito, dobbiamo anche indignarci se questo non può decidere la propria storia da sé siglando un accordo di pace, favorevole o sfavorevole che sia. Non siamo in guerra per la libertà ma per l’egemonia di una o l’altra super potenza mondiale, Russia e Stati Uniti.
L’Ucraina è la fotografia dell’Europa. Un continente senza indipendenza in balia di una partita tra due giocatori più forti, eppure il tavolo di gioco è l’Europa.
Oggi l’Ucraina paga con morte e distruzione, noi con inflazione, disoccupazione e rincari. Intanto il mazzo di carte continua a mescolarsi, i commentatori della partita dicono che è una guerra di libertà e civilità, e noi spettatori ci caschiamo.