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mercoledì, 25 Dicembre, 2024

Tregua di Natale 1914: il calcio ferma la guerra

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di Gabriele Rizza

Era il 25 dicembre 1914, il mondo occidentale non era ancora in grado di prevedere la più grande strage della storia che si sarebbe consumata da lì fino all’autunno 1918. In quel primo anno di guerra, però, i soldati europei avevano già assaggiato l’oscuro abisso delle trincee, delle ore insonni e dell’odore del fango misto a quello terrorizzante dei cadaveri in putrefazione dei compagni. Intanto le popolazioni delle nazioni europee seguivano con fibrillazione gli eventi sul fronte, ignari che presto le pesantezze della guerra si sarebbero abbattute senza pietà su donne e uomini, sotto forma di povertà, denutrizione, lavoro in fabbrica, figli perduti o mutilati. L’Italia si divideva ancora tra interventisti e pacifisti, da una parte c’era chi sventolava tricolori in piazza in nome delle terre irredenti e chi scioperava nelle fabbriche.
Quel 25 dicembre 1914 non accadde un miracolo, accadde semplicemente quel che gli umani sono per natura portati a fare: fraternizzare, cercare nell’amico e nel nemico quel momento di pace al quale tutti noi aspiriamo nelle ore più buie, a Natale o in un giorno di primavera qualsiasi. Lungo il fronte occidentale i soldati tedeschi iniziarono a decorare le trincee con delle candele, gli abeti con “cianfrusaglie” e a intonare canti natalizi. Qualche metro più avanti gli inglesi seguirono il nemico teutonico e decisero che anche loro, per quel giorno, ne avevano abbastanza del canto dei cannoni. Si posarono spontaneamente i fucili e, nella “terra di nessuno”, i soldati rivali fino alla morte si scambiarono cioccolata, tabacco e souvenir. Gli abbracci e le chiacchiere divennero partite di calcio, a volte interrotte dopo mezz’ora degli alti ufficiali, perché quella che è passata alla storia come tregua di Natale, non fu un episodio concordato dai vertici militari, ma solo figlio dell’animo di chi abbracciava da mesi il fucilo e la mitraglia.
Infatti, i giornali di tutta Europa tentarono di nascondere e minimizzare l’accaduto: non ci si poteva permettere di abbassare la guardia e l’adesione alla guerra della popolazione. Il potere ha bisogno di nascondere le belle notizie per imporsi, mettere un velo alla verità per non stravolgere la realtà che gli fa comodo. Oggi è ancora così, mentre ci dividiamo tra notizie di regime e fake news, accusando ora l’amico, ora il vicino, di fomentare la menzogna. Ai tempi della pandemia per fortuna non abbiamo i fucili, ma possiamo posare quella spocchia di sapere più degli altri e del dare agli altri degli ignoranti, in barba al mainstream, alla maggioranza e all’opposizione, o a tutto ciò che ha potere e lo esercita su di noi, dalle Istituzioni al tempo che ci imbriglia. Quei giovanotti inglesi e tedeschi per abbracciarsi sono andati oltre il “se non fosse scoppiata la guerra…”, perché è vero che con i periodi ipotetici ci si fa poco, ma siamo umani e andiamo oltre i dettami del tempo e le circostanze.

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