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giovedì, 14 Novembre, 2024

The Influencers' Wars

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di Martina Biassoni

Durante la 76esima Mostra delle Arti Cinematografiche di Venezia, ma sono sicura che questo argomento sarà supergettonato anche durante la Settimana della Moda di Milano, i social si sono scatenati per una notizia, per gli addetti ai lavori, di vecchia data: le nuove normative europee per quanto riguarda i contenuti pubblicati e condivisi dalle influencer…
Un social addicted navigato starà sicuramente dicendo “ancooora?!” in modo esasperato visto che questo è stato l’hot-topic del web da dicembre 2018 a, circa, febbraio 2019.
Ebbene sì, ancooora!

Per chi ncora non ne fosse a conoscenza, ogni influencer da gennaio è obbligato ad utilizzare degli hashtag distintivi per quanto rigurda i contenuti che propone, ossia nel momento in cui stesse collaborando con un’azienda per pubblicizzare e diffondere fra i suoi followers un prodotto (ad esempio le influencer di fitvia), è obbligato per legge ad utilizzare #ad; se un prodotto invece lo ricevesse tramite PR e quindi non lo avesse comprato con i propri soldi, ma gli venisse regalato da un’azienda nella speranza che lo pubblicizzasse e ne parlasse sui propri canali, ma senza un accordo commerciale fra le parti, l’influencer è obbligata ad usare #gifted o qualcosa che identifichi che l’oggetto è stato un regalo; infine per qualsiasi cosa fosse acquistata dall’influencer e avesse un impatto positivo, tanto da volerne parlare con i propri follower, si deve utilizzare un hashtag come #bought o comunque si è tenuti a specificare che i prodotti sono stati acquistati.

Tutto questo ha sicuramente portato parecchio scompiglio fra gli influencer, i quali si sono trovati non solo a dover indicare quali fossero gli elementi acquistati, quali quelli regalati e in quali post stessero collaborando con i marchi, ma anche a doverlo fare esplicitamente all’inizio della descrizione su instagram oppure a chiarirlo tramite la dicitura “paid partnership with”. Ma il caos si è creato anche, e forse soprattutto, fra gli utenti normali, l’user medio di instagram o youtube o facebook, quello che non aveva ben presente come tutte queste personalità riuscissero a permettersi decine e decine di prodotti da recensire, borse costosissime e case bellissime “facendo solo delle foto”.
Insomma, l’utente si è sentito come tradito, pugnalato alle spalle dalla sua influencer preferita, finendo in un circolo vizioso di accuse e dita puntate contro la qualunque perchè “eh ma tu quel vestito che stai usando sul red carpet di Venezia non l’hai pagato, devi mettere #ad o #gifted” dall’alto dei loro studi in materia.

Sicuramente la notizia deve aver impressionato chi non mastica molto di web marketing, però da qualche parte tutte queste personalità famose “il pane a casa lo devono portare”. Quindi sì, sono d’accordo con tutti coloro i quali si sono trovati spiazzati dalla poca chiarezza che circondava questo mondo prima, ma si sa che quando le cose sono nuove e fresche è difficile regolamentarle e porre dei paletti ben definiti, è così in tutto nella vita; però, al contempo, non trovo giusto additare in malo modo, o addirittura arrivare ad insultare i poveri malcapitati di essersi venduti o di non aver rispettato i propri followers “perché io la piastra l’ho comprata ma i miei capelli non vengono come i tuoi.Ladra!” oppure “chissà che bello esserti venduta alle aziende per avere un bel matrimonio” quando chiunque, avendone avuta la possibilità, avrebbe scelto di collaborare con una casa di moda per realizzare i propri sette abiti da sposa dei sogni o di collaborare con i propri marchi del cuore per diffonderne ancora di più le loro qualità e i loro punti di forza.
Poi, certo, tutto deve essere fatto in misura e coerentemente con le abitudini e le personalità di ogni personaggio, ma per gli influencer, quelli con la “I” maiuscola, è un discorso inutile perché seguono da soli i concetti di “credibilità” e “coerenza” alla perfezione.

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