12 anni. Questa è l’età del passaggio verso l’età adulta. Quando si compiono i 12 anni si viene investiti di un ruolo nella società e di una attività lavorativa che ti accompagnerà per sempre. Almeno questo è quello che avviene nella società del futuro del film “The Giver”. Una società omologata, che ha represso ogni forma di emozione negativa anche attraverso una iniezione mattutina fatta da tutti i suoi membri. Una società nella quale tutto è programmato: 2 genitori e 2 figli (maschio e femmina), i vecchi prendono il “congedo” arrivati ai 70 anni (suicidio assistito), l’eugenia è gestita con eutanasia verso i neonati che non superano alcuni test, architettura, vestiti e oggetti sono identici per tutti.
Il grigio che accompagna lo spettatore sin dai primi minuti del film è il grigiore reale della società “felice”. Senza emozioni il percepire un colore o le sfumature della natura è impossibile. La nuova umanità si muove conforme a regole scolpite subito dopo un olocausto non meglio identificato, che ha rischiato di sterminare l’intero genere umano. Il Consiglio degli Anziani è il garante del mantenimento del grigio e Meryl Streep è magnifica nel ruolo che finalmente le confà, una vecchia amministratrice delle tradizioni (scusate ma a me non è mai piaciuta come attrice).
In questo contesto si muove il nostro eroe: Jonas. Interpretato dall’australiano Brenton Thwaites (già visto in vari film ma qui ricordo il giovane principe Filippo di Maleficent), il protagonista è sensibile, attento e chiaramente “diverso” dai coetanei che lo circondano. Egli è il prescelto, il “donatore”, il ricettore umano della vera storia dell’Umanità che lo renderà per sempre dannato all’interno della società perfetta. Un uomo che non potrà mai svelare a nessuno che cosa sono le emozioni, che rimarrà accanto alla comunità ma per colpa di questo dono completamente solo. Come poter fare capire cosa sono i colori a chi non vede altro che grigio?
Questo dono-condanna sarà elargito dal mitico precedente donatore impersonato dal fantastico Jeff Bridges, che il questo film sembra rinato. Il suo personaggio è vivo, fluido e il dramma con cui consegna sia le memorie felici che quelle drammatiche al giovane, è fulgido.
Attorno ai due, ruotano la famiglia di Jonas, la capa degli anziani e gli amici. L’ex vampirone, Alexander Skarsgård, sempre algido anche in questo ruolo è il padre, mentre la madre è interpretata malamente dalla ex di Tom Cruise, Katie Holmens. Il resto del cast sono attori dei belle speranze ma scialbini che rivedremo senz’altro in altri film Cameron Monaghan, Odeya Rush, Taylor Swift.
Nota di colore:
* La cerimonia dei 12 è quella del compimento dei dodici anni. Nel film non hanno potuto dire esplicitamente che il tutto si svolge al compimento dei 12 anni , perché non era possibile sostenere che attori di 24 anni fossero 12enni…
Il percorso narrativo è scontato ma coinvolgente, soprattutto per i flashback emozionali del passaggio delle memorie e il dramma familiare sia di Jeff Bridges che di Jonas. L’epilogo è un chiaro segnale ad un capitolo 2,3…etc proprio come la produzione di libri (attualmente 3) che hanno succeduto il primo.
Un bel film che se da una parte mostra una società “perfetta” dall’altra non mostra una reale urgenza di cambiarla. L’umanità di questa comunità è felice e rilassata. Solo chi conosce la reale natura umana con i suoi alti e bassi, può voler fare aprire gli occhi a tutti i costi agli altri. L’urgenza che diveniva improrogabile
per l’umanità di Matrix, qui è più annacquata. Il dramma è solo del protagonista ma non dello spettatore. La fuga dal mondo addormentato che segnerà il suo risveglio è una fuga solitaria, quasi ai limiti dell’onirico: il confine bianco con l’esterno, la neve, i dejà vu dei sogni.
Un altro interessante momento è la scena in cui Jonas consegna una mela alla sua amata perché eviti l’iniezione del mattino. A me ha ricordato molto la scena della Bibbia della mela di Eva ed in effetti qui è Eva che rinuncia al “paradiso” per gustare quel frutto che ti è stato proibito, per gustare la conoscenza ed affermare il libero arbitrio contro le leggi prestabilite (tema molto caro ai satanisti razionalisti).
In un mondo come quello attuale, ove il dramma dell’esistenza e la lotta per la sopravvivenza è sempre più orribilmente sentita, sicuramente troveremo più estimatori della iniziale società lobotomizzata di “The Giver” che dell’affermazione del libero arbitrio ad ogni costo che fornisce il film nelle sue fasi finali.
Ed in certi casi….come dargli torto?
Francesco Bassino