di Fabiola Favilli
E’ proprio una bella notizia quella arrivata negli ultimi giorni: da settembre verrà introdotta l’educazione ambientale tra le materie di studio delle scuole di ogni ordine e grado. Nel “pacchetto” dei nuovi insegnamenti c’è il blocco chiamato Sviluppo Sostenibile e farà parte dell’Educazione Civica.
Le linee guida per i nuovi insegnamenti recitano: “Gli obiettivi non riguardano solo la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali, ma anche la costruzione di ambienti di vita, di città, la scelta di modi di vivere inclusivi e rispettosi dei diritti fondamentali delle persone, primi fra tutti la salute, il benessere psicofisico, la sicurezza alimentare, l’uguaglianza tra soggetti, il lavoro dignitoso, un’istruzione di qualità, la tutela dei patrimoni materiali e immateriali delle comunità. In questo nucleo, che trova comunque previsione e tutela in molti articoli della Costituzione, possono rientrare i temi riguardanti l’educazione alla salute, la tutela dell’ambiente, il rispetto per gli animali e i beni comuni, la protezione civile”.
Il Ministro Ambiente Sergio Costa si dice felice del risultato, perché l’Italia è così uno dei pochi Paesi nel mondo ad inserire come materia nelle scuole l’educazione ambientale; questo dovrebbe servire a preparare i giovani alle prossime sfide, come quelle fissate nell’Agenda 2030 dell’ONU. Come tutte le materie anche lo Sviluppo Sostenibile sarà sottoposta a voti, esami e valutazioni nel corso dell’anno scolastico; basteranno le 33 ore annue a formare coscienze e sensibilità nuove?
Senz’altro si tratta di un primo importante passo, ma, come al solito, gli elementi che contribuiranno a formare una società consapevole verso i temi ambientali saranno molti: innanzitutto il buon esempio dato dalle famiglie e dal contesto culturale a cui i giovani fanno riferimento, poi la capacità dell’insegnante di coinvolgere gli studenti in esperienze dirette che rimangano ben impresse nelle loro menti. La speranza è che le pur poche 33 ore dedicate all’Educazione Ambientale siano messe a frutto, e non utilizzate per il recupero delle altre materie.
L’altro aspetto importante è de-politicizzare la coscienza ambientalista: le ultime generazioni sono cresciute con l’idea che gli unici ad avere a cuore le sorti del pianeta fossero i componenti delle pur meritorie associazioni ambientaliste nate oltre 40 anni fa, spalleggiate, spesso solo per interesse, dalla sinistra. Idee ed azioni concrete degli uni si trasformavano in voti per gli altri; la cultura ecologista esiste anche a destra, anzi è quella ad oggi meno esasperata, non ideologica, basata sui dati scientifici e sul buon senso. Infatti le buone pratiche quotidiane attengono non ai partiti ma alla sensibilità di ogni singolo componente la collettività.