Una feroce e cruente guerra civile è scoppiata alla fine del 2013 in Sud Sudan a meno di tre anni dalla tanto attesa e agognata indipendenza del paese dal regime islamico di Khartoum, tra i sostenitori del presidente in carica Salva Kiir e quelli del suo ex vice presidente Riek Machar. Un fragile cessate il fuoco è stato annunciato lo scorso 23 gennaio, mentre dall’altro lato della frontiera l’esercito sudanese provoca massicci spostamenti della popolazione.
Tutto inizia il 15 dicembre 2013, un’intensa sparatoria presso la sede della guardia presidenziale a Juba, capitale del Sud Sudan. Questo evento segna l’inizio, potremmo dire ufficile, di una guerra intestina che stava montando già da tempo, da quel 23 Luglio 2013, quando il presidente Kiir ha costretto il suo vicepresidente a dimettersi anche se, da quanto dichiarato da Machar, non si trattava di atti di dimissioni cartacee, bensì di un atto del presidente di eliminare ogni forma di opposizione, tant’è che l’ex vice presidente Machar fu salvato in extremis grazie al sacrificio delle sue guardie del corpo e fu costretto alla fuga in pigiama.
Per capire come la Repubblica del Sud Sudan sia precipitato nel dramma della guerra civile , dobbiamo andare indietro nel tempo, all’ accordo petrolifero del 27 settembre 2012 fra Khartoum e Juba e la decisione del signor Kiir di essere un candidato a succedere a se stesso nel 2015 . Suoi anni di mandato però sono ben lungi dall’essere un successo : la violenza etnica , ribellioni frequenti, cattiva amministrazione , mancanza di sviluppo economico e la corruzione massiccia, tant’è che in una celebre lettera inviata ai suoi ministri, il presidente Kiir scrive:” Rimborsate i 4 miliardi di dollari che avete rubato poiché ne abbiamo bisogno per lo sviluppo del paese.”
Ciononostante, l’amministrazione democratica di Obama, sponsor del giovane stato sud sudanese, per bocca di Linda Thomas-Greenfield, U.S. sottosegretario di stato per gli affari africani dichiarano che non vi siano prove che sia in atto una guerra civile in Sud Sudan e aggiunge: “Le rivalita’ politiche hanno assunto dimensioni di carattere etnico, vengono commesse atrocita’, e molti restano intrappolati nel fuoco incrociato. Questo non e’ il futuro per cui hanno votato i sud-sudanesi. Far cessare le violenze e garantire che la nazione piu’ giovane dell’Africa continui ad andare avanti e’ la massima priorita’ degli Stati Uniti e della comunita’ internazionale”, ha concluso la Thomas-Greenfield.
Intanto Machar sostiene che vi sia una vera e propria mafia diplomatica che protegge e finanzia il Sudan People’s Liberation Movement, SPLM, partito guidato dall’attuale presidente Kiir.
Gian Giacomo William Faillace