di Mario Alberto Marchi
Il “Carrozzone” non va avanti da sé. La realtà- anche la più ottimistica – non è mai come nelle belle canzoni, e sarebbe bene che il Governo lo tenesse presente.
Il Carrozzone di cui parliamo, è quello sempre troppo malandato e rattoppato del nostro meridione, sul quale sembra che ogni volta che si metta mano, sia la mano sbagliata, e spesso una mano poco pulita.
Ora, a buon motivo si dice che il Pnrr, con tutto il suo ricco portafogli di finanziamento dall’Europa e di progetti di sviluppo, sia l’occasione imperdibile per il rilancio del paese, ma a maggior ragione ciò vale per il Sud, sul quale percentualmente, verrà concentrata la maggior parte degli interventi. Attenzione, si tratta davvero di un momento-chiave, perchè l’economia nazionale, nemmeno nella migliore delle prospettive, avrebbe potuto permettersi una tale attenzione: la coperta corta avrebbe lasciato all’aria altri settori di investimento, costringendo tra l’altro a scelte politiche divisive, di cui davvero non si sente il bisogno.
Considerando le altre voci di investimento pubblico che si aggiungeranno ai finanziamenti europei (piano React-Eu, Recovery Assistance for Cohesion and the Territories ofEurop di circa 55 miliardi di euro, Just Transition Fund, approvato dal Parlamento europeo nel quadro delle politiche di coesione), tre fondi economici nazionali, tra i quali quello per l’alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria; al Sud , nei prossimi anni , arriveranno poco meno di 220 miliardi di euro!
Con una somma così è più che lecito pensare che finalmente il “Carrozzone” potrà essere rimesso ben in sensto e cominciare a viaggiare spedito, ma non è proprio così.
Nel suo rapporto 2021, Svimez ci dice infatti che ci sono un po’ di problemi di “sistema” che rischiano di far fallire anche questo piano.
Per cominciare c’è una pesante questione salariale, che vede il 15,3% di dipendenti con bassa paga rispetto all’8,4% del Centro-Nord , in secondo luogo la precarietà data dai quasi 920.000 lavoratori meridionali con contratti a tempo determinato( 22,3% rispetto al 15,1% al Centro-Nord) e con part-time involontario (79,9% contro 59,3% al Centro-Nord).
Per non parlare poi dell’occupazione femminile, che vede un tasso di donne che non cercano più lavoro del 40%, cioè più del doppio della media europea. Cosa voglia dire questo è chiaro: bassa possibilità, di spesa, ovvero bassi consumi. E soprattutto basse prospettive di un impatto degli investimenti sull’economia reale in tempi brevi. Il risultato è che la previsione del Pil nel prossimi tre anni è del 12.4%, riaspettò ad un 15.6% del settentrione.
Il rischio: aver mezzo Paese che non è strutturalmente in grado di far fruttare gli investimenti che finirebbero in un ennesimo buco nero. E che qualcuno a Bruxelles se ne accorga, e ad un certo punto dica che “il Carrozzone” è affar nostro!