Di Martina Grandori
Potrebbe essere definito il cambio vita, un sogno che diventa realtà, quello che molti di noi hanno nel cassetto soprattutto in questi tempi di grandi incertezze economiche e di un fortissimo desiderio di tornare a vivere nel verde. Ecco, tutto questo è il sogno diventato realtà nel 1991 quando il principe Louis Albert de Broglie, un passato nell’investment banking, appartenente ad una delle famiglie più antiche di Francia (ci sono stati un premio Nobel ed un ministro), autoproclamatosi il principe giardiniere, perché per i de Broglie il peso del passato si misura con l’impegno a costruire il futuro: “Abitiamo tutti lo stesso pianeta e abbiamo la scelta tra distruggerlo o contribuire a proteggerlo” dichiarò tempo fa. Da qui parte nel 1998 il lungo cammino per dare forma ad un progetto che oggi è diventato anche un Festival del pomodoro e dei sapori (quest’anno dal 7 all’8 settembre nel suo castello La Bourdaisière a Montlouis-sur-Loire, la cui storia riporta di aver accolto alcune famose amanti reali e un cancello attribuito a Leonardo Da Vinci. L’attrazione per i visitatori appassionati di verde, è senza dubbio la sezione dedicata ai pomodori (di cui si possono assaggiare le varietà), testimonial perfetti della biodiversità di cui il principe giardiniere ne custodisce nel suo parco di 55 ettari ben 700 varietà (ha iniziato piantando 50 tipologie) con il nobile scopo di far sì che le infinite tipologie di questo antico ortaggio non venissero dimenticate. L’ha chiamato il Conservatorio di Pomodori, un patrimonio culturale sicuramente diverso da quello che comunemente ci si aspetta sotto le sembianze di quadri, sculture, architetture o musei, ma sicuramente di indiscutibile attualità vista l’attenzione da parte del mondo su tutto ciò che è cibo e agricoltura. Pomodoro in tutte le le bizzarre sembianze, colori, forme e dimensioni. Pomodoro come emblema della squisitissima cucina italiana, coltivato in una cornice da favola, in un castello fiabesco sulla Loira il cui parco mozzafiato è stato ridisegnato nel 2010 da Louis Benech, famoso paesaggista francese.
Un castello d’altri tempi da cui parte un progetto a braccetto con la biodiversità per un futuro prossimo migliore, un progetto di salvaguardia e consapevolezza: un normalissimo ortaggio che racchiude in sé semplicità e nutrienti importanti, diventa esempio di sostenibilità, bellezza e cultura.Tutto ha inizio nel 1998, il principe Louis Albert de Broglie colleziona piante di antiche coltivazioni di pomodoro raccogliendo le sementi da aziende nelle varie parti del mondo
Nulla di troppo eccentrico per un gentleman farmer cresciuto nella casa di famiglia in Normandia, che dopo anni nella finanza ha deciso di riprendere una vecchia storia d’amore, i giardini e la natura. Un’idea nata nel corso di un viaggio in India e in Asia, da cui sono stati portati i primi semi. Le pianta ovunque, nel guardino d’inverno e non solo, per chi ha la fortuna di visitare lo Château Hôtel de la Bourdaisière (è anche un hotel di grande charme), le coltivazioni a perdita d’occhio di pomodori nel momento della maturazione hanno tanti colori e sfumature. Per i gourmand, l’appuntamento dopo la visita è al Bar Tomato, un bucolico spazio en plaid air dove lo chef si sbizzarrisce nelle creazioni a base di pomodoro: dal gazpacho a potage, a degustazioni abbinate a formaggi, provenienti dalla micro-fattoria, nata con il supporto dell’Istituto Nazionale Francese per le Ricerche Agricole, che sperimenta un modello agricolo differente, più consapevole, esempio di alternativa al sistema di coltivazione attuale.
Ma eccovi anche qualche curiosità su questa solanacea rossa rossa. Portata in Europa a metà del ‘500 dai conquistatori spagnoli di ritorno dalle Americhe, anzi, a metà del XVI secolo aveva fama di cibo tossico essendo una solanacea (come la mandragola e la belladonna) e leggenda voleva che avesse poteri magici, afrodisiaci per la precisione. Tra l’altro, e da qui con ogni probabilità arriva il nome italico pomo d’oro, i pomodori arrivati nel Vecchio Continente sulle caravelle ispaniche erano piccoli e gialli. Solo dopo, sempre nel XVI secolo, ne fu importata una varietà a bacca rossa. In Spagna si preferì usare il termine tomate in virtù del nome tomate che gli indigeni del Centro America adoperavano per indicare questi frutti, “gonfi e tondi ma con colori diversi a seconda della tipologia, xi-tomate per il pomodoro e mil-tomate per il tomatillo un frutto giallo-verde sempre della famiglia delle solanacee ma che appartiene a un genere diverso. Poi la storia dell’agricoltura si è evoluta, l’agricoltura si è sbizzarrita con l’estro e la cultura di Louis Albert de Broglie, che come nelle storie più avvincenti, si è autoproclamato principe giardiniere, nemico acerrimo del ketchup.