Martedì scorso abbiamo parlato degli aumenti di imposta su apparecchiature elettroniche e supporti a causa del (presunto) equo compenso derivante dal supposto uso illecito delle stesse per copie di beni intellettuali coperti da diritto di autore. Oggi torniamo sull’argomento, approfondendo altri aspetti.
Guardando l’ultimo bilancio in via di approvazione, risulta che Siae ha debiti verso “associati, mandanti e loro aventi causa” per più di 753 milioni ed in totale arriva quasi a 1,1 miliardi. Non male, se si pensa che a suo tempo un Governo non trovava 4 miliardi per eliminare l’I.M.U., tanto per dare un termine di raffronto. A pagina 10 del Bilancio Preventivo dell’Ente, si deduce che da quanto Siae deve ai suoi associati, ricava interessi per 34,5 milioni.
Troviamo, invece, a pagina 7, che per servizi all’erario, si stimano incassi per 36 milioni, di cui, per servizi all’Erario per 28,7 milioni. Facciamo presente che queste entrate nulla hanno a che vedere con l’attività propria di questo Ente. Dunque, se vediamo sempre la sopra citata pagina 10, possiamo notare che a fronte di entrate per quasi 153 milioni, la Siae prevede di spenderne 179. Situazione dunque passiva che va miracolosamente in attivo solo grazie agli interessi maturati con i danari dei propri associati. Peggio ancora sarebbe se questo Ente non dovesse più percepire quelli dall’Erario.
Tutto questi numeri evidenziano l’incapacità, ormai pluriennale, di gestire correttamente la Siae ed ora, a noi sembra che sia un po’ anomalo che un Ente indebitato, incapace di lavorare in utile o pareggio effettivo, anziché operare dei tagli, proceda chiedendo aumenti, come è accaduto lo scorso Dicembre. Sempre più, dunque, si rivela essere un costoso carrozzone. L’ennesimo che c’è in Italia. Tutto ciò ci potrebbe relativamente importare se poi non dovessimo subire le conseguenze di cui abbiamo parlato Martedì scorso che provoca un danno a certi settori dell’economia ed alle nostre tasche.
Non solo, ma è stata a suo tempo commissionata una indagine dalla quale sono emersi i comportamenti degli Italiani per quanto concerne la copia. Ne è risultato che la maggior parte di noi usa il computer per farne una (64,9% a pagina 67 della menzionata ricerca) e sceglie un supporto fisico (63,4%, pag. 71). Solo un 4,5-5,0 % ricorre a Smartphone e Tablet per avere un duplicato. Inoltre, il 59,2% dichiara di effettuare una copia solo quando c’è una reale necessità.
Dunque, se i rincari previsti devono servire a compensare i mancati diritti d’autore sulle copie, come mai gli aumenti sembrano non rispettare i dati emersi dalla ricerca? Forse il Ministro li ha ignorati e se è così, per quale motivo? Così si sono incomprensibilmente attuati aumenti percentualmente mostruosi per Smartphone e Tablet che sono pochissimo utilizzati per effettuare copie. A causa di questo quadro, noi sospettiamo che in realtà il tutto serva semplicemente ad “aiutare” i bilanci Siae, che, come abbiamo visto, non nuota in buone acque, a dispetto delle apparenze.
Se si va avanti di questo passo, temiamo che anche i servizi di Cloud Computing, che permettono di archiviare file in remoto, prima o poi finiscano sotto il maglio di questi fenomeni del parassitismo. Quindi, prudenzialmente, per favore, parliamo a bassa voce di Cloud Computing!
Fabio Ronchi