di Gabriele Rizza
Tutti gli italiani soffrono quando, in giro per il mondo, nei supermercati, sono adagiati in bella vista prodotti dalla réclame tutta italiana ma che di italiano, per gusto, preparazione e ingredienti, non hanno nulla: parmesan nei paesi asiatici, parmesao in America Latina, scimmiottamenti linguistici di uno dei formaggi icona della tradizione culinaria del Belpaese: il Parmigiano Reggiano. Vittima per eccellenza dell’italiansounding, causa di perdite di miliardi di euro per tutta la filiera alimentare italiana. Si innesca così un senso di difesa, adesione alla causa e sensibilizzazione, che può però sfociare in un clamoroso autogol, come una celebrazione aldilà della realtà, proprio quella del mediometraggio “Gli Amigos”, spot a puntate che racconta i segreti di uno dei prodotti più diffusi sulla tavola degli italiani.
La seria vede protagonisti dei ragazzi di una scuola di cucina che viene invitata a partecipare ad una gara per aggiudicarsi uno stage presso il ristorante dello chef pluristellato Massimo Bottura. Tutti devono utilizzare sempre un ingrediente, appunto il Parmigiano Reggiano, e così gli studenti si catapultano nei luoghi in cui il formaggio viene prodotto. Idea carina, se non fosse per una clamorosa gaffe: ai ragazzi viene spiegato che “nel Parmigiano non ci sono additivi se non Renatino, che lavora qui da quando aveva 18 anni, tutti i giorni. 365 giorni l’anno”, aneddoto che suscita sorpresa e meraviglia (e chissà, compassione se fosse avvenuto nella realtà) tanto che una ragazza non resiste e domanda a Renatino: “Ma davvero lavori 365 giorni l’anno e sei felice?”, cosa doveva rispondere Renatino, se non “Sì”, come da copione ha fatto.
Dunque, a detta degli attori, i lavoratori del consorzio lavorano 365 giorni l’anno, senza ferie, dunque diritti. Ovviamente non è così, come spiegato dai responsabili della comunicazione della serie: “Lo spot ha un linguaggio cinematografico che ammette licenze per rafforzare messaggi e comunicazioni, in questo caso, l’intento è quello di sottolineare la grande passione e l’impegno di chi, ogni giorno, produce il Parmigiano Reggiano”. Gli spot però fluttuano in una cultura e ci scorrono sopra come pattini sulla strada, la cavalcano e ne fanno narrazione in pillole; dunque Gli Amigos non fanno altro che narrare quel senso ultra moderno di coincidenza tra vita e lavoro, felicità in base a quello che produci e quanto produci, mentre il resto è semplice otium, quello tanto cercato dai filosofi latini, tanto bistrattato dal lifestyle del profitto di oggi, a meno che l’otium non sia intrattenimento, quindi consumo. Mentalità più pericolosa oggi che al tempo delle fabbriche, perché non si vede, perché si giustifica. Non ci sono più i turni della catena di montaggio, ma giovani che servono ai tavoli dei ristoranti per dodici ore al giorno, o che fanno conti per una multinazionale dalle otto di mattina alle dieci di sera, sabato incluso, di riflesso la domenica, vista la mole di lavoro. Eppure a questi ragazzi si dice “bravi e appassionati, non vi risparmiate, siete il futuro”! Ai datori di lavoro non si dice mai, “cavolo, siete degli sfruttatori”! La cultura dello spot del Parmigiano Reggiano è tutta qui, con buone intenzioni, ma ben calata nella realtà lavorativa. Brutta realtà.