di Martina Grandori
Fra le parole del 2020 entrate nelle vite di tutti, sicuramente c’è smartworking, il lavoro agile, il lavorare che ti lascia più libero, un modo di lavorare che ti rende meno frustrato, il lavorare da casa propria, il lavorare a distanza da qualche altra parte che non sia la tua scrivania.
Molto discusso fino a poche settimane fa perché le aziende lo concedevano con il contagocce, oggi, a fronte dell’emergenza sanitaria in cui tutto il mondo si ritrova, è il nuovo ed unico modo di lavorare e sperare di tenersi stretta un’assunzione. È incredibile come la vita può cambiare in un weekend, e l’oggetto del contendere, ovvero il lavoro agile, lo smart working, in pochissimo tempo possa diventare la realtà lavorativa per impiegati, dirigenti, top manager e via dicendo.
Ma che cosa significa all’atto pratico smartworking? Gli smartworker sono tutti quei lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, disponendo di strumenti digitali per lavorare in mobilità. Secondo uno studio fatto nel 2019 da Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, sono ormai circa 570mila (+20% rispetto al 2018), e mediamente gli smartworker dichiarano un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale. Il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti. Con ovviamente tutti i pro e i contro del caso, a partire dal fatto, nodale, che qui stiamo vivendo un periodo epocale dove il lavoro agile è l’unica via praticabile.
Ed ecco allora che, se i nuovi imperativi sono stare a casa e smart working, le donne furbescamente si equipaggiano. Astute, veloci ed eclettiche hanno subito cambiato pelle: altro che stare a casa sciatte e spettinate, ma non si possono nemmeno indossare tailleur avvitati e tacchi alti per lavorare dal proprio salotto. Se prima una donna mediamente usciva trafelata di casa per accompagnare i figli a scuola per poi vidimare il suo badge in azienda, alzandosi almeno un’ora prima della sua famiglia per prepararsi e preparare tutto, ora ha tutto un altro piano di giornata. Si resta a casa, i look si modulano di conseguenza, ci si trasforma nelle Lilli Gruber della situazione. Si punta tutto sul primo piano, la sfida delle donne costrette a casa in tempi di Coronavirus è portare fra le mura domestiche la forma mentis da ufficio.
Vi ricordate Sex & the City? Una delle protagoniste, Carrie Bradshaw, giornalista freelance, abituata al lavoro agile, anche dal suo divano non rinunciava mai ad un pizzico di glamour. Vestirsi in maniera carina è uno stimolo a tenersi “vive e produttive” anche in questi frangenti difficilissimi. Ovviamente nessuno pretende la perfezione, perché oltre allo smart working, c’è tutto il resto da seguire e organizzare, ma presentarsi attraenti ad una videocall con i colleghi ha sicuramente un impatto diverso che farsi vedere con una pinza per i capelli e le occhiaie viola.
Anche perché questa drammatica emergenza sanitaria del Covid-19 ci insegna che il futuro lavorativo sarà sempre più orientato verso lo smart working. E le donne, ancora una volta, dovranno dimostrare di essere pronte ad un ennesimo cambio d’abito. Psicologico soprattutto.