di Livia Caliopi Biro
La maggior parte dei vestiti vengono acquistati da donne che spendono in media il 226% all’anno in più rispetto agli uomini. Nonostante ciò l’industria della moda è un settore contaminato da disparità di genere fin dal suo principio. A livello globale 1 persona su 6 é impiegata nel settore dell’abbigliamento, di queste l’80% sono donne. Paradossalmente però è una rarità trovare nella filiera donne in posizione di potere o manageriali.
Molti dei capi a basso costo della moda fast-fashion vengono prodotti all’interno di un sistema che sfrutta e abusa le lavoratrici della filiera. Donne e ragazze dipendono da queste professioni con paghe basse e ne soffrono le conseguenze pur di guadagnare anche meno del minimo indispensabile per vivere. Le condizioni di lavoro sono spesso disumane: tra turni che ammontano a 60 ore di lavoro a settimana, condizioni pericolose, mancanza di sicurezza all’interno dei locali e abusi da parte di uomini in posizioni di potere. Le violenze subite da colleghi e superiori si estendono spesso anche al di fuori delle fabbriche, portando queste persone a vivere in un perenne stato di paura con il rischio di perdere l’unico sostentamento che hanno. Le discriminazioni aumentano quando le donne hanno una famiglia da mantenere e in caso di gravidanza. Infatti alcuni datori privilegiano persone non sposate e senza figli, facendo firmare una clausola che assicuri che si impegnino a non rimanere incinte ed eseguendo degli esami di controllo. Coloro che rifiutano i controlli perdono l’opportunità di lavoro.
Possiamo, nel nostro piccolo, iniziare a fare una differenza positiva per cambiare la situazione supportando e acquistando da brand che operano in maniera eticamente corretta e trasparente, incoraggiando così altre aziende a fare lo stesso. Un’altra pratica positiva è ridurre la quantità di vestiti acquistati prendendosi cura dei propri capi per farli durare più a lungo e anche comprando prodotti di seconda mano. Però un cambiamento concreto e duraturo può solo avvenire con l’educazione, un supporto sindacale e l’attuazione di leggi ferree che combattano la discriminazione.