di Stefano Sannino
L’esperienza della Seconda guerra mondiale è stato uno di quegli avvenimenti che ha segnato in maniera indelebile il mondo, influenzando anche il modo di pensare della società contemporanea. Questo tipo di influenza speculativa viene però spesso sottovalutata o, addirittura, ignorata dando per scontato che nulla sia cambiato nel pensiero umano rispetto all’Ottocento, quando i grandi stravolgimenti del XX secolo non erano ancora avvenuti.
Ma non per tutti. Simone Weil, filosofa francese, esistenzialista, attivista partigiana particolarmente affezionata alla tradizione greca, trovò negli avvenimenti di inizio secolo scorso l’incipit per indagare e trovare un leitmotiv nel tema della violenza umana.
Prima delle guerre, la violenza veniva percepita come un meccanismo essenziale, regolatore, che metteva in relazione tutti quei contrari da cui è formato il cosmo (Eraclito) o, addirittura come processo essenziale con un cui un individuo o società entrano a far parte della storia umana (Hegel) in una visione positivista.
Per la Weil, però, il conflitto non é nulla di tutto ciò ed implica una completa rimozione delle sue cause nonché un’impossibilità di riconoscere non solo il proprio avversario, ma anche se stessi. Nella sua analisi dell’Iliade riletto come il poema della forza, è impossibile non vedere il trauma delle due guerre mondiali ed in particolare della Seconda, che ad un certo punto si combatteva, ignari completamente di ciò che l’aveva causata e durante la quale il nemico non era considerato più nemmeno un umano. Non potendo però relegare questa visione della violenza solo al mondo moderno, la filosofa francese riesce ad individuarla perfino nei classici omerici – di cui è appassionata – ove l’ira e la tracotanza sfociano spesso in una violenza senza senso ed estraniante tanto per chi ne è fautore, quanto per chi ne è vittima.
La breve analisi di Simone Weil ne L’Iliade o il poema della forza è una perfetta sintesi di quanto l’uomo, nel momento in cui non sa più riconoscersi come tale, possa essere violento e di come dalle azioni della violenza umana – quali le due guerre mondiali – non possa che derivare uno sconvolgimento della stessa idea che l’uomo ha di violenza.