di Abbatino
La politica, la fanno principalmente gli uomini e le raffazzonate quanto logore richieste di Di Maio per il “sì”, dense di inesattezze e banalità, rischiano di non far capire cosa si va a votare. Intanto, non c’è il quorum; è un referendum costituzionale, cioè va a modificare la nostra carta fondamentale che tiene in piedi la repubblica italiana.
L’art. 139 della costituzione prevede che la forma repubblicana non può essere messa in discussione, per tutto il resto si può maneggiare “con cura” l’oggetto; questa volta si recide con le cesoie centinaia di parlamentari tra senatori e deputati. I fautori del “sì” sostengono che si risparmiano i soldi. In effetti, è vero, il risparmio ci sarebbe come è piuttosto ovvio, ma la democrazia lo sappiamo, ha da sempre un prezzo, anzi un costo. Se non fossimo nella repubblica italiana, il parlamento sarebbe una “roba seria”, in teoria. Gli eletti dovrebbero rappresentare i territori, aree geografiche e rispecchiare l’anima profonda della nazione; a questo serve la democrazia. Una cosa bella, che serve a tutti, ma tagliare i parlamentari, taglia anche la rappresentatività dei territori? Ni, il dubbio amletico è proprio questo. Qualora passi il taglio netto, come verranno eletti i parlamentari? Questo purtroppo non è dato saperlo; è certo che meno ve ne sono, più territori non avranno possibilità di avere un loro rappresentante. Ancora non ci hanno detto con quale legge elettorale saranno eletti: ogni maggioranza parlamentare, negli ultimi 20 anni, l’ha cambiata pensando di fare i suoi interessi, invece di quelli del popolo italiano. Manca quindi un tassello fondamentale: la legge elettorale.
Dal Mattarellum al porcellum, ne abbiamo viste di tutti i colori: liste bloccate, collegi regionali e via discorrendo, ma senza quella, dire SI o NO rimane un dubbio amletico che non sarà risolto prima del 20-21 settembre.