Semaforo verde per il governo Renzi al Senato. Dopo il sì, sia pure “condizionato”, alla fiducia dell’ala Pd condotta da Civati, l’esecutivo dovrebbe non avere problemi nel raggiungere la maggioranza necessaria per ottenere la fiducia, fissata a quota 161. Per l’ex sindaco di Firenze anche i voti dei Popolari, con Mario Mauro che ha annunciato l’ok “per rispetto all’appello di Napolitano a dare tutti una mano per aiutare l’Italia a venire fuori dal guado”.
Ma ecco i numeri. L’assemblea di Palazzo Madama conta 320 inquilini: i 315 eletti piu’ cinque senatori a vita (Carlo Azeglio Ciampi, Mario Monti, Renzo Piano, Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo). Quindi la maggioranza assoluta ammonta a 161 voti, anche se per avere la fiducia basta la maggioranza dei votanti. Il gruppo del Pd, il piu’ corposo, puo’ contare su 107 senatori (il presidente del Senato Piero Grasso non vota), ai quali vanno aggiunti i 31 di Ncd, gli 8 di Scelta civica (compreso Monti), i 12 di Per l’Italia e i 12 del Gruppo delle Autonomie linguistiche (nel quale siedono Cattaneo e Rubbia). A questi voti si aggiungeranno quelli degli altri due senatori a vita, Ciampi e Piano, che siedono nel Misto, e quelli di quattro senatori espulsi da M5S. Sembra invece escluso il voto dei quattro dissidenti 5 Stelle che rischiano l’espulsione: Orellana, Battista, Campanella e Bocchino.
Stando a questi numeri Renzi potrebbe contare, al netto di possibili assenze (come quella di Ciampi, che non c’era alle ultime votazioni), almeno su 175 voti favorevoli: 14 in più della maggioranza assoluta. E un’ulteriore spinta potrebbe venire dal gruppo Gal (Grandi autonomie e Libertà), una sorta di gruppo misto del centrodestra: “Decideremo che atteggiamento tenere dopo aver letto e ascoltato l’esposizione del presidente del Consiglio in Aula”, ha detto il capogruppo Mario Ferrara. Tre degli undici componenti avevano gia’ votato la fiducia a Letta.
Le dimissioni di Federica Guidi dagli incarichi ricoperti nell’azienda di famiglia non risolvono il conflitto di interessi “perché “lei e la famiglia restano proprietari di un’azienda che ha molte commesse dalla pubblica amministrazione”. Stefano Fassina interviene sulla nomina a ministro dello Sviluppo economico: “E’ inadeguata a un governo Pd vista la lontanaza dalla “cultura dell’intervento pubblico in economia”.
Intervistato dall’Unità, Fassina sottolinea: “Non era necessario chiedere alla Guidi per chi vota, visto che da mesi compare sui giornali come uno dei volti nuovi che Silvio Berlusconi avrebbe voluto in Fi”.
L’ex viceministro attacca: il governo ha “voluto dare un messaggio chiaro a Berlusconi scegliendo questa persona per un ministero che ha competenza anche sulle telecomunicazioni”. Fassina, al contrario, respinge qualunque ipotesi di conflitto di interesse per Giuliano Poletti, neo ministro del Lavoro: “Non mi pare che Poletti sia proprietario della Lega delle cooperative”.
La Critica