di Martina Biassoni
Il Covid-19, il cattivissimo mostro che ci ha costretti fra quattro mura per lunghissimi mesi – se ne è già parlato molto – ha portato l’uomo ad incamminarsi attraverso l’irto sentiero dello “stream of consciousness” – un flusso di pensieri infinito e senza filtri – privato. Ovvero l’ha portato a rivalutare e ripercorrere passi e decisioni prese nella vita pre-virus, come se quest’esperienza di reclusione rappresentasse una sorta di rinascita.
In molti, praticando questo autoesame di coscienza senza sosta, filtri né censure, si sono trovati ad interfacciarsi con stili di vita e scelte che non rappresentano più una priorità. È ormai quotidianità leggere sui vari social network o sentire dire ai più come rimpiangano la scelta d’un mono o bilocale un po’ sacrificato, ma proprio in centro Milano, senza balcone né spazio per muoversi, ma con diretto accesso ai mezzi di trasporto ed alle molteplici attività “checontano“ della città (una città fantasma in pieno lockdown, ricordiamolo).
Ma contavano, forse, soltanto fino al 20 febbraio, perché poi, da inizio quarantena in poi, giardini, prati, balconi e natura sono stati la salvezza di chi la fortuna d’averli accanto alla porta di casa ce l’ha e l’ha sfruttata al massimo. Vuoi per far correre il cane, vuoi per prendere il sole, durante la quarantena è avvenuto un riavvicinamento alla natura che pochi si aspettavano, anche a causa della presenza sempre maggiore dei diversi device elettronici ed all’infinita offerta delle piattaforme streaming e di gioco online con gli amici.
Ma dopo? Il post quarantena si sta rivelando un valido prosieguo di questo riavvicinamento alla natura: sono infatti in molti a sostenere che preferirebbero una casa in periferia – ma con prati, fiumi o laghi intorno – ad una casa in centro città. Anche a costo di dover rinunciare all’infinita offerta culturale e sociale che queste località possono offrire ad un qualsiasi cittadino, in favore della (magari) più limitata offerta della provincia; oppure con la consapevolezza che, per partecipare attivamente alle varie iniziative del centro città, sarà necessario un tragitto in auto o con i cari vecchi treni.
Insomma, una presa di coscienza che l’uomo iper-frenetico del duemilaventi mai si sarebbe aspettato in era pre-Covid, ma che sicuramente apporterà modifiche nella vita di ognuno di noi, magari migliorandola, e anche nel mercato, nell’economia e nella vita culturale del nostro Paese.
Un Paese ricco di scorci e tradizioni che la città cosmopolita un po’ valorizza, ma anche un po’ sacrifica in favore d’una internazionalizzazione ostentata. Staremo a vedere cosa ha in serbo per noi questo ritorno alle origini.