di Abbatino
La tradizione vuole che al Colle ci vada un democristiano. La politica italiana nel dopoguerra è stata dominata dalla centralità della balena bianca democristiana. Non c’è dubbio, non c’è scampo. E nella situazione politica attuale di grande divisione a livello di scranni parlamentari, la partita del Presidente della Repubblica si gioca al centro, che non è il centro dell’emiciclo, è il centro della politica. L’insipido, non insolito, personaggio che spunta dal cilindro in questi casi non può che essere un ex, post, neo democristiano. È nella storia. Sarà nel futuro. A nulla valgono i salti in avanti della Meloni che cerca di sollecitare un alto profilo un po’ più di parte e meno scialbo del solito grigio democristiano, come Crosetto. Troppo libero, troppo fuori dagli schemi del palazzo. Il prescelto, per essere tale, sull’Europa non si è mai pronunciato criticamente, ne ha mai pronunciato qualche commento critico contro la nomenclatura UE: il gioco è fatto. È pronto. Draghi appare fuori gioco, non perché non sia anche lui un post democristiano, ma è il capo di un governo che sta insieme con i fili, l’assembramento arcobaleno che non sembra più idoneo a governare la nave nella situazione pandemica che non molla, quindi non può essere sostituito. Allora è pronto lui, il professionista del palazzo, grigio e canuto, ma non troppo, un po’ centro destra, ma anche centro sinistra, centro di gravità permanente della repubblica italiana, delfino della balena bianca, che dopo tante schede bianche porterà alla fumata, quella davvero, eternamente bianca.