di Gabriele Rizza
Secondo il ministro della salute Roberto Speranza, le nuove misure restrittive anti- covid non sono altro che un “rafforzamento di misure essenziali”, quali l’obbligo della mascherina all’aperto in strade affollate o se si è in compagnia di non conviventi. Resta quindi per ora in magazzino la proposta di chiudere alle 23 pub e ristoranti, misura che avrebbe messo in ginocchio l’intero settore come e forse più di un nuovo lockdown.
Molti opinionisti, giornalisti, politici e virologi hanno criticato pubblicamente la reale efficacia dell’uso della mascherina all’aperto, che effettivamente più che combattere “scientificamente” il virus, rappresenta un modo per richiamare psicologicamente l’attenzione dei cittadini; di fatto, l’obiettivo è stato raggiunto, con la complicità dei bollettini quotidiani sull’aumento di contagi e ricoveri. Proprio questa natura più psicologica che scientifica della misura, insieme all’invito a scaricare Immuni o al minacciare una nuova serrata, ha innescato un’altra serie di aspre critiche, portando alla ribalta parole ed espressioni nate con il lockdown di primavera, come sanitocrazia e dittatura sanitaria. Qualcuno, come l’ottimo filosofo e mai banale Diego Fusaro, paragona le mascherine alle camicie nere del ventennio, ossia come un segno totalitario di adesione ad un sistema.
Nessuna delle critiche è totalmente campata in aria, ad esempio il conteggio dei ricoveri enfatizza l’allarmismo nel momento in cui un positivo è ricoverato per una lussazione e non per il virus, tuttavia, interpretando le cose come sono andate da febbraio a questa parte, il pericolo non è il totalitarismo del governo ma la sua paura di non essere all’altezza, del fallimento di una fase 2 disordinata e piena di cambi di direzione, dei migranti che scappano dalle navi quarantena, dell’insuccesso del raccordo tra governo e regioni, alcune delle quali hanno fatto pochi passi avanti in termini di strutture e posti letto, di essere accusati dagli italiani come responsabili dei contagi e, soprattutto, di non avere (ancora) sufficienti risorse economiche per affrontare la pandemia nei suoi aspetti scientifici e sociali. Perciò, per pura paura e codardia, risulta più facile al governo passare la palla agli italiani. Il pericolo reale, semmai, starà nelle riforme aldilà del virus che il governo varerà. Il fisiologico calo di interesse verso le cose “mondane” libera le mani dalla gabbia delle proteste: la vittoria del Sì al referendum, ne è prova; vedremo con il MES, la legge elettorale e questioni etiche come andrà a finire.