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giovedì, 19 Dicembre, 2024

Sanificare o buttare? Il nuovo dilemma della moda

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di Stefano Sannino

Che la moda abbia l’esigenza di cambiare radicalmente il suo modo di pensarsi e di produrre, non è certo un segreto. Lo stesso Giorgio Armani qualche settimana fa, aveva scritto un accorato appello a tutti i suoi concorrenti, chiedendo un rallentamento delle produzioni ed una più lunga durata delle singole collezioni, all’interno dei negozi.

Se quindi sembra che il mondo dell’Haute Couture sia pronto a cambiare – almeno sulla carta -, come agiranno le catene della grande distribuzione e di fast fashion?

In fondo, saranno proprio loro a doversi ripensare più profondamente: sono proprio queste catene che presentano 52 collezioni l’anno ed il cui “pubblico” è certamente più vasto di quello elitario dei Grandi Brand d moda.

La fase 2 annunciata dal Governo Italiano, pare non facilitare le cose per queste grandi aziende, che dunque dovranno sviluppare delle strategie per riaprire il 18 Maggio, senza però mettere a rischio la salute dei propri clienti. Gli ingressi nei punti vendita saranno limitati? Sarà possibile provare i capi che si desidera acquistare? Se, una volta provato, il capo non è nei gusti del cliente, per legge dovrà essere sanificato, portando però l’azienda ad avere un costo insostenibile. Dunque cosa faranno i grandi marchi di Fast Fashion? Spenderanno diversi euro a capo per sanificarlo, oppure semplicemente lo getteranno, come già fanno con il 50% della loro attuale produzione invenduta?

Gli interrogativi da porsi prima di cominciare questa fase sono diversi ed ancora le aziende di moda non hanno fornito delle risposte chiare e decise sulla riapertura.

Il settore, messo già in bilico dalla chiusura di oltre due mesi conseguente al lockdown deciso dal Governo in seguito all’emergenza COVID-19, deve assolutamente ripensare al suo modo non solo di produrre e di vendere ma anche di sprecare: il rischio a cui tutti assistiamo ora, infatti, è che l’impatto ambientale del sistema fashion superi di gran lunga gli ultimi dati registrati in merito proprio in virtù del fatto che alle catene di distribuzione costa meno gettare un capo invenduto che sanificarlo dopo ogni prova in camerino. Anche i clienti, probabilmente, preferiranno gettare un capo anziché restituirlo secondo le normali policy di reso, dal momento che quello stesso vestito  ( se non sanificato correttamente) potrebbe essere veicolo di contagio.

Quel che è certo è che non possiamo assolutamente fare previsioni in merito a come la moda si adatterà alla fase 2: tutto quello che possiamo farci sono delle domande, cercando anche di comprendere come il nostro settore possa non rimanere schiacciato dall’emergenza sanitaria che ha messo in ginocchio l’intero Paese.

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