di Susanna Russo
Valerij Gergiev, celebre direttore d’orchestra russo, è stato licenziato dal suo ruolo di Direttore della Filarmonica di Monaco, ed estromesso dalla Scala di Milano, perché non ha preso le distanze dall’offensiva di Putin in Ucraina. L’amica, artista, sublime soprano russo, Anna Netrebko ha rinunciato a presenziare nel medesimo Teatro e, insieme al marito, ha portato avanti con fermezza l’idea (sacrosanta) per cui non si possano forzare artisti o personaggi pubblici ad esternare pubblicamente le proprie opinioni politiche o ad insultare il proprio Paese.
E ancora, gli atleti russi e bielorussi sono stati esclusi dalle Paralimpiadi, per loro non è bastato nemmeno prendere le distanze dalle azioni di Putin, non hanno potuto gareggiare neanche da neutrali. Gli stessi atleti sono banditi anche dagli eventi internazionali di Taekwondo e dalle competizioni internazionali di Sci, e questo vale per quasi tutte le altre competizioni sportive.
“La Russia è di fatto uno Stato totalitario e troppo spesso usa strumenti culturali presi dalla sua cassetta degli attrezzi di propaganda statale”, questa la dichiarazione trasmessa dal Ministro della Cultura ucraino, Oleksander Tkanchenko, e firmata da svariate figure di spicco del mondo dell’arte. Questa dichiarazione invoca l’annullamento di tutti i progetti che coinvolgono il governo russo e la sospensione delle attività presenti in centri culturali russi in sedi internazionali.
I cantanti russi sono banditi dall’Eurovision Contest, che si terrà a Maggio nella città di Torino e la Royal Opera di Londra ha rinunciato all’intera programmazione estiva in scena al Bolshoi di Mosca.
Questi sono alcuni dei vari veti imposti ad artisti ed atleti russi perché paghino per qualcosa che non hanno commesso, che non hanno deciso, e che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno nemmeno supportato a parole, tantomeno a fatti.
Siamo lontani anni luce da ciò che accadeva nell’antica Grecia, dove, in tempo di Olimpiadi, vigeva la tregua olimpica, che concedeva la cessazione di tutti i conflitti pubblici e privati per potersi dedicare a discipline più alte.
È vero che arte e sport, spesso e volentieri, hanno veicolato messaggi ideologici e politici, ma è quindi il caso che una battaglia ideologica e politica metta al bando artisti ed atleti?
Ci si riempie la bocca del termine “libertà” ora più che mai, ci si commuove davanti all’immagine del giovane soldato che, dopo aver fatto parte della violenta macchina da guerra russa, viene accolto e sfamato dalla gente ucraina, perché sfiancato ed inerme, perché pur sempre essere umano, eppure armato. E nonostante ciò si estromettono giovani ambiziosi e appassionati perché sono nati in un Paese che ad oggi, per l’opinione pubblica, è nostro nemico.
Stanislaw Jerzy Lec, poeta ucraino nato a Leopoli, scrisse: “i fiori sulla tomba del nemico hanno sempre un profumo inebriante”; qualsiasi competizione sportiva, qualsiasi evento culturale che non escluda e non discrimini nessuno, rappresenta un profumatissimo mazzo di fiori.