di Gabriele Rizza
Era il 1453 quando i turchi prendevano una decadente Costantinopoli, ponendo fine alla storia millenaria della parte orientale dell’Impero romano. La “Nuova Roma”, quale era il nome originario dell’attuale Istanbul, abbandonava la sua parabola cristiana ortodossa e romana per seguire il destino del fortunato Impero Ottomano insieme alle culle dell’ortodossia cristiana, come Alessandria, la Grecia, la Bulgaria e il resto dei Balcani. Restava cristiano l’occidente latino guidato dal Papa, mentre l’erede spirituale e imperiale di Costantinopoli divenne Mosca, ribattezzata la Terza Roma, guidata dallo Zar, russificazione di Cesare, appellativo imperiale romano. Inizia così una lunga storia di buoni rapporti, o semplicemente di rapporti intensi, tra Italia e Russia. Non mancò mai il dialogo tra Roma e Mosca nemmeno nei periodi storici a cui sarebbe facile associare una fitta rivalità: all’epoca dell’Italia fascista e della nascente Unione Sovietica ci fu la stipula, nel 1933, del Patto di amicizia, non aggressione e neutralità, i rapporti economici erano floridi e l’Italia era il primo Paese europeo per pubblicazioni sulla storia della rivoluzione rossa del 1917 e sui governi di Lenin e Stalin.
Dopo la sanguinosa parentesi della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda, l’Italia democristiana (e per quasi metà comunista) divenne ancora il principale “partner segreto” dell’Unione Sovietica. Oltre ai famosi e noti rapporti tra URSS e il Pci (principale partito comunista d’occidente), negli anni ’60, Amintore Fanfani, intraprese una politica di soft power per mezzo delle principali industrie italiane, come la FIAT E l’ENI. Si deve alla FIAT la motorizzazione di massa in Russia, grazie all’avanzatissimo stabilimento costruito nella città di Togliatti dall’amministratore delegato Vittorio Valletta, in grado di produrre fino a 600 mila automobili l’anno, sotto l’istruzione dei tecnici italiani. Nasce così la Zhigulì, la versione russa della Fiat 124, prodotta fino al 2012 in quello stesso stabilimento costruito dagli italiani nel 1966. Anche l’ENI si mostrò amica di Mosca: nel 1969, l’azienda fondata da Enrico Mattei rese l’Italia il primo Paese occidentale a stringere accordi con la Russia per l’importazione di gas naturale, con sei miliardi di metri cubi all’anno, per vent’anni. Era l’inizio di una relazione mai interrotta e che, nel 2019, ha toccato il picco, con importazioni per 33 miliardi di metri cubi di gas, il 47 per cento sul totale del gas importato. Nel 2006, ENI e la russa Gazprom si erano accordati per la costruzione congiunta del gasdotto South Stream, che partendo dal Mar Nero, passando poi per la Bulgaria, avrebbe portato gas all’Italia. Il progetto naufragò con la crisi della Crimea nel 2014, quando però venne portato avanti il gasdotto Nord Stream tra Russia e Germania, creando non pochi imbarazzi tra Angela Merkel e i governi italiani di Enrico Letta prima, e di Matteo Renzi poi. Proprio Enrico Letta è stato l’unico primo ministro europeo a presenziare all’apertura dei giochi olimpici di Sochi nel 2014, quando, a causa degli attriti in Crimea, iniziò l’isolamento della Russia.
Anche alla vigilia dell’entrata nella UE dei Paesi ex membri del Patto di Varsavia, come la Polonia e i paesi baltici, l’Italia ha giocato un ruolo importante nella mediazione tra Russia e Stati Uniti: nel 2002 è stato istituito il Consiglio Nato-Russia, con un accordo firmato proprio a Roma, a Pratica di Mare, su spinta dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ed è proprio sul piano della diplomazia politica che i rapporti politici tra Roma e Mosca sono ai minimi storici. Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, in diretta televisiva, ha definito Putin “peggio di un animale”, sollevando le polemiche della diplomazia russa. L’Italia, molto cauta nel 2014 nell’esprimersi contro la Russia per via degli intensi rapporti commerciali e culturali (le banche italiane solo le banche occidentali più esposte in Russia, Intesa San Paolo lo è per 25,3 miliardi di euro), è stata invece, più di Francia e Germania, dura e decisa nel seguire la linea atlantica di Joe Biden di punizione a oltranza attraverso sanzioni ed esclusione dalla vita sportiva e culturale dei russi. Si apre così un capitolo nuovo del plurisecolare rapporto tra Roma e Mosca, buio come ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, quando migliaia e migliaia di italiani mal equipaggiati morirono di freddo nelle innevate campagne russe.