di Gabriele Rizza
Continuano le fumate nere per il Presidente della Repubblica. Nulla di strano fin qui, siamo solo ai primi ai giorni, gli avversari (che poi quanto davvero avversari siano è tutto da dimostrare) si annusano e si sentano chissà quante volte al giorno, perché è nell’ordine delle cose che i leader dei vari partiti si sentano almeno tre o quattro volte al giorno in queste occasioni. Eppure, in questa apparente normalità c’è tanto di triste nel constatare la fine dell’onorabilità istituzionale, di un Parlamento ridotto ormai ad ombra di sé stesso, una dichiarazione di decadenza e al tempo stesso impotenza. Partiamo dalla base, dal nome che, per ruolo, è al centro di questo passaggio: Roberto Fico. Non si vuole cadere nella vulgata comoda e denigratoria del grillino = ignorante. Tuttavia non si può negare quanto il Presidente della Camera dei deputati sia figlio di un compromesso da prima Repubblica nel metodo, da seconda nel merito (ossia in qualità, culturalmente scadente). Roberto Fico si è ritrovato Presidente della Camera per un equilibrio tutto interno al Movimento Cinque Stelle. All’alba del governo Salvini – Di Maio, il fronte interno più liberal e “sinistroso” che aveva dovuto mandare giù un boccone amaro doveva essere ricompensato, o meglio, risarcito e al tempo stesso “promosso” per non perdere quel tipo di elettorato, ed ecco così l’operazione Roberto Fico. Un taglio netto con il passato, quando, per essere investito di cariche così prestigiose, seconde soltanto al Presidente della Repubblica, bisognava avere un curriculum politico o civile di tutto rispetto, un percorso universalmente riconosciuto. Percorso che aveva in parte Laura Boldrini, che aveva Gianfranco Fini e che aveva Fausto Bertinotti. Potevano non piacere, ma avevano scritto pagine di storia. Roberto Fico, più che un segno grillino dell’apertura del Parlamento come una scatola di tonno (Grillo dixit), è solo una delle tante pagine goffe e decadenti degli ultimi anni. Pagine di un Parlamento dove il partito dell’uno vale uno, ha pensato bene di piazzare personaggi capitati lì solo per aver preso qualche centinaio di voti sul web dai militanti, che non hanno quel minimo di autonomia e dialettica interna, a meno che non vadano ad ingrossare quel miscuglio del Gruppo Misto. Si dirà che Fico è una brava persona, e sicuramente lo è, ma è l’esatto contrario (in negativo) di quei parlamentari piazzati lì dai partiti “tradizionali” per pura logica utilitaristica, di potere, banalmente di “voti”. Sostituire teste malefiche con teste vuote non è evidentemente la cura adatta alla politica italiana. Alla desolante situazione in cui la politica dice ai cittadini di “fare presto” a pagare le tasse, a vaccinarsi, a rispettare regole contraddittorie, e poi se la prende comoda per pura burla, scrivendo Alfonso Signorini sulle schede elettorale, veder scrutinare Roberto Fico non è l’immagine più auspicante per il futuro del fuoco della democrazia nazionale, il Parlamento.