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venerdì, 22 Novembre, 2024

RIFIUTI. DOVE DI INDIFFERENZIATO CI SONO SPRECHI, BURCRAZIA E TEMPO PERSO

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di Mario Alberto Marchi
2,7 anni per la progettazione, comprese le fasi del Documento di Fattibilità, del Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica, della Progettazione Definitiva e della Progettazione Esecutiva. 0,5 anni per l’affidamento, comprensivo delle fasi dell’Aggiudicazione e della Stipulazione. 1 anno per l’esecuzione, che ricomprende le fasi dell’Esecuzione e del Collaudo.
Parliamo dei tempi di realizzazione di una infrastruttura per la gestione dei rifiuti urbani. Anzi, a parlarne è la Corte dei Conti analizzando il settore dello smaltimento nel Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica. Significa che più del 60 per cento del tempo che intercorre dalla progettazione all’entrata in esercizio di un impianto è assorbito dalla burocrazia. E pensare che ormai da anni siamo bombardati da campagne martellanti su raccolte differenziate, ricicli, termovalorizzazioni, compostaggi, con tanto di multe se confondiamo i rifiuti domestici nei sacchetti e sensi di colpa se non siamo ligi.
Nella narrazione istituzionale, sembra che il destino dell’ambiente sia unicamente nelle nostre mani e invece, sempre la Corte dei conti, ci dice che nel periodo 2012-2020, a fronte di 1.548 milioni di euro stanziati per gli impianti, sono state avviati cantieri per solo 971 milioni e che “il tasso di realizzazione delle opere di maggiori dimensioni si ferma a poco più del 5%. Tra le opere non realizzate, si segnala una prevalenza di impianti per il trattamento del rifiuto organico, funzionale ad accogliere i flussi crescenti che originano dal progresso delle raccolte differenziate, specialmente nel Mezzogiorno. Così facendo, si alimentano i flussi di rifiuto organico che dalle regioni deficitarie del Centro e del Mezzogiorno viaggiano verso gli impianti localizzati nelle regioni del Nord, con costi crescenti a carico della tariffa e impatti ambientali rilevanti”
In parole povere, mentre ci si fa credere che sia tutto predisposto per un sistema virtuoso e moderno e che se qualcosa non funziona è per colpa dei cittadini poco consapevoli, la realtà è quasi opposta, con miliardi di euro fermi, burocrazia lentissima, spese e inquinamento mostruosi per far viaggiare i rifiuti su e giù per la penisola.
Ma l’importante non è che le cose funzionino, ma farlo credere. Ecco quindi che si è organizzato un meccanismo meticoloso ed efficiente di raccolta dei rifiuti, con tempi di realizzazione di infrastrutture di poco più di tre anni, ma poi, quando si tratta di organizzare il trattamento, i tempi sfiorano i cinque anni.
Alla Corte dei Conti, naturalmente sono stati un poco più delicati, scrivendo che “con ogni probabilità si spiega con la maggiore presunta utilità percepita di questa tipologia di infrastrutture, vissute come meno invasive dai territori per quanto non risolutive. Una percezione che ben si sposa con l’enfasi posta negli anni nella comunicazione istituzionale sul raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, e che con ogni probabilità ha trascurato di coltivare una consapevolezza collettiva circa la necessità di realizzare anche gli impianti di trattamento, riciclo e recupero energetico, necessari alla valorizzazione dei rifiuti e alla chiusura del ciclo”. Una forma elegante, per dire che siamo di fronte ad una mezza presa in giro e di sicuro ad un’ altra occasione mancata. Sì, perchè si prevede che il settore della cosiddetta economia circolare , possa produrre da qui a dieci anni 600mila posti di lavoro e soprattutto l’ormai mitico Pnrr contiene oltre due miliardi per impianti di trattamento e di riciclo. La domanda è: dove andranno a finire?

 

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