di Veronica Graf
A poche settimane dal vertice G20 su Clima, Ambiente ed Energia, e dopo i recenti incendi ed inondazioni che hanno interessato l’Italia, è sempre più evidente la necessità di mettere in atto strategie sostenibili e che lottino contro il cambiamento climatico ed il degrado ambientale.
Tra le nostre abitudini, ormai consolidatesi soprattutto da quando c’è stato il lockdown, una fetta importante se la prende l’e-commerce. La sua crescita accelerata ai massimi causa pandemia, segue il trend degli anni precedenti, mostrando un profondo cambiamento nelle scelte d’acquisto dei consumatori: 7 italiani su 10 si definiscono sempre più attenti alle questioni ambientali e ritengono che le aziende debbano considerarle all’interno del proprio operato. L’e-commerce è qui per restare, ma cosa significa in termini ambientali che il prodotto arriva al consumatore e non viceversa?
Come ogni domanda complessa, non esiste un’unica risposta valida e ci sono molteplici fattori di analisi che interferiscono sia con l’idoneità del commercio online, sia con quello fisico.
Una delle variabili da evidenziare è la distanza. Come sottolineato dall’organizzazione ambientalista Greenpeace nel suo rapporto “Reinvent your City” (novembre 2020), il commercio elettronico è l’opzione più vantaggiosa dal punto di vista ambientale quando il cliente deve percorrere oltre 15 chilometri per giungere al punto vendita. In queste circostanze, i consumi energetici e le emissioni di CO2 durante il viaggio dei consumatori farebbero pendere la bilancia a favore dell’e-commerce. Una variabile che rappresenta un punto a favore per negozi di quartiere e supermercati e per il consumo di prossimità, soprattutto se si utilizzano mezzi di trasporto ecologici come biciclette, monopattini elettrici, mezzi pubblici o piattaforme di car sharing.
Secondo uno studio del 2019 del Massachusetts Institute of Technology (MIT), l’introduzione di percorsi circolari per camion e furgoni potrebbe ridurre l’impronta di carbonio (emissioni di CO2) per pacco fino al 50%, rispetto ai viaggi individuali in veicoli privati.
Questo stesso studio stima che l’impatto ambientale del commercio elettronico è fino al 15% minore in termini generali rispetto a quello del commercio tradizionale. Grazie a questi percorsi, ogni consumatore che acquista il prodotto online, evita di recarsi in negozio per trovare e acquistare il prodotto. Al contrario, il suo pacco è raggruppato con quelli di altri consumatori in un unico veicolo che esegue un unico percorso di consegna. Il risparmio di chilometri ed emissioni è direttamente proporzionale al numero di ordini effettuati, il che implica un sostanziale miglioramento in termini di impronta ecologica.
Nonostante il costo ambientale degli imballaggi continui ad essere più elevato (ed è un campo in cui si stanno facendo passi da gigante attraverso l’uso di contenitori riutilizzabili, riciclati e la continua eliminazione della plastica) è ampiamente compensato grazie all’efficienza e alla riduzione delle emissioni implicate dalla realizzazione di percorsi circolari.
Questo approccio per la riduzione delle emissioni di CO2 è in linea con il pacchetto “Fit for 55” presentato da parte della Commissione Europea, con cui l’UE si pone l’obiettivo entro il 2030 di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 55% rispetto al 1990. Un altro dei pilastri su cui si basa il nuovo modello distributivo nell’e-commerce è la strategia di localizzazione: le catene di approvvigionamento infatti avvicinano i loro hub ai consumatori finali, riducendo a loro volta le emissioni di carbonio, i chilometri percorsi dai veicoli e i costi operativi. In secondo luogo, sono numerose le piattaforme dell’e-commerce che mettono in atto strategie di sostenibilità attraverso il re-commerce: il commercio di prodotti usati o riciclati, il che aiuta il ciclo di Riduci, riutilizza, ricicla: l’unica strategia per tutelare l’ambiente e il futuro. Il prossimo passo per migliorare ulteriormente la strategia di sostenibilità del commercio elettronico sarà quello di avvicinare i centri logistici ai centri urbani, per creare anche piccoli punti di collegamento all’interno della città stessa, contribuendo alla nuova logistica di prossimità o a chilometro zero, grazie all’automazione e alla distribuzione con una flotta di veicoli elettrici più piccoli ed efficaci nel contesto urbano.