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martedì, 17 Dicembre, 2024

Ricostruire la nostra relazione con l’ambiente

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Volgere uno sguardo critico al mondo contemporaneo significa anche e sopratutto essere consapevoli della nostra relazione con ciò che ci circonda, così come anche prendere coscienza del carattere di straordinaria unicità del nostro legame con l’ambiente.

Questa riflessione alquanto banale è, tuttavia, ancora ignorata dalla classe dirigente internazionale che, nella propria agenda politica, raramente trova lo spazio necessario ad occuparsi della questione ambientale in senso pratico.

Mentre assistiamo a diversi movimenti di protesta popolare, spesso anche svolti in modalità discutibili, non siamo in grado di scorgere dei reali provvedimenti a livello amministrativo e politico che possano alleviare le sofferenze non solo del Mondo, ma anche e sopratutto della popolazione.

L’Italia, in particolare, martoriata da settimane da meteo avverso che causa inondazioni ed allagamenti, si è dimostrata ancora una volta completamente incapace non solo di risolvere definitivamente la manutenzione di quelle infrastrutture atte al contenimento delle calamità, ma anche e sopratutto di prendere consapevolezza della responsabilità che noi, in quanto esseri umani, abbiamo sul nostro habitat.

La nostra impronta, divenuta ormai tangibile ed evidente con la costruzione di città, infrastrutture, trasporti ed ogni altra declinazione della cultura umana, non è solo, come spesso vogliono farci credere alcuni “ambientalisti della domenica”, un qualcosa di negativo che altera inequivocabilmente l’equilibrio naturale delle cose, ma anzi può essere la ragione di una co-esistenza proficua tra uomo e natura che si risolva in un ristabilimento di una relazione apparentemente ormai distrutta. L’uomo ha il potere di agire sul mondo, tanto in negativo quanto in positivo; l’uomo può essere, in poche parole, non solo una forza deleteria per l’equilibrio naturale, ma anche una forza costruttiva e regolatrice, proprio perché dotato di cultura e di razionalità.

Di fronte all’inevitabile cambiamento climatico e a tutte le agende politiche internazionali volte alla riduzione dei gas serra, bisogna però anche agire nell’immediato a livello locale, facendo sì che le nostre infrastrutture e, più in generale, tutti i prodotti della nostra cultura, non siano più trappole di morte, ma un prezioso ausilio per contenere e convivere con le forze della Natura.

Come dimenticare le promesse fatte dallo Stato in seguito all’alluvione dell’Emilia-Romagna o all’inondazione nelle Marche ormai mesi or sono? Come dimenticare le garanzie date dai vari governi negli anni davanti a catastrofi naturali quali terremoti, flutti di acque, esondazioni et varia?

Come dimenticare la sofferenza di chi ha perso tutto e le grida di coloro che a gran voce chiedevano interventi risolutivi sugli argini e sui vari sistemi di prevenzione e contenimento?

Davanti ad ogni tragedia, come quella derivante dall’inondazione in Toscana degli scorsi giorni, la classe dirigente ha sempre provveduto a fornire rassicurazioni di interventi immediati e risolutivi, affinché queste tragedie possano essere previste e, qualche volta, perfino contenute.

Eppure, sul sottofondo del blaterare di coloro che forniscono queste promesse, non c’è che il silenzio di coloro che, ancora una volta, hanno perso i propri beni, le proprie auto, le proprie abitazioni; c’è solo il silenzio del popolo, troppo stanco per continuare a piangere e l’incessante fruscio di una pioggia senza fine.

di Stefano Sannino

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