di Abbatino
Ok, incarico arrivato. Il presidente Mattarella, ci spiega che solo un uomo può salvare la patria (perché solo un uomo e non una donna) e che soprattutto non si può andare a votare perché c’è la pandemia, la fretta per redigere il Recovery plan e si perderebbe troppo tempo nel fare governo, sotto governo e quant’altro. Ebbene? Quindi Draghi.
Scelta giusta più o meno, la mossa della disperazione per non andare a votare con un parlamento sostanzialmente bloccato. Sull’uomo tutti d’accordo o quasi. Ma già dalle consultazione emerge che Draghi non avrà vita facile, poiché la nostra repubblica ultra parlamentare ha un vizio di fabbrica: è appunto parlamentare. Non basta l’uomo, che è stato indicato dal capo dello stato, ci vuole una maggioranza che lo sostenga in parlamento. Affinché vi sia una maggioranza in parlamento che lo sostenga, devono essere indicati i ministri, cioè il governo. Quindi sarà un governo gradito ad una maggioranza e i partiti lo voteranno se troveranno anche loro ministri altrettanto graditi come Draghi. E quale maggioranza nell’attuale parlamento può gradire ministri che vadano dai grillini alla Lega, passando per il PD e Italia Viva, insieme a Forza Italia e gruppi misti? Draghi, al momento, non ha sciolto il nodo più importante: tecnico o politico; che governo sarà quello che cercherà i numeri in parlamento? Se tecnico, rischia di essere troppo vicino all’ultimo nefasto di Mario Monti con una debolezza di fondo, ovvero di essere un governo di tutti e di nessuno. Se politico, come si concilieranno le tesi opposte dei partiti che fino a ieri s’insultavano dagli scranni di Montecitorio e palazzo Madama? Un ministro sarà gradito ad alcuni ma non gradirà le idee degli altri di appartenenza politica diversa dalla sua. Questo Draghi non lo dice, ma dovrà prima o poi. Già nella pittura, mettere insieme il giallo con il rosso con il verde e l’azzurro genera un colore che non proprio è gradevole agli occhi, tipo un marrone. Appunto.