di Abbatino
Eppure non ci dobbiamo meravigliare. Erdogan è un protodittatore che ha chiuso giornali di opposizione, invita all’invasione dell’Europa con la demografia, non esita a mettere a ferro e fuoco la comunità dei curdi e relegarli in enclave isolati. Perché tanto clamore se la Von Der Leyen si è messa sul divano distanziata? Non funziona così nei paesi musulmani? La donna addirittura si copre con improbabili copricapi, che in Europa fanno ridere gli europei. Figuriamoci se il “primo Inter pares” europeo donna viene esentata da questa umiliazione. È così dalle loro parti, non certo da noi, con la differenza che in passato – probabilmente anche adesso – noi per farci umiliare in questo modo paghiamo la Turchia. Non è la solita provocazione. L’Europa ha consentito che la Turchia rallentasse – forse sì, forse no – l’immigrazione pagando un prezzo altissimo. Come dovremmo essere considerati da Erdogan, il nuovo califfo? Così come ci ha considerato in questi anni: una comunità europea da sfruttare quando fa comodo e da sottomettere con la demografia e la loro cultura, che da loro s’impone con la forza mentre in Europa la si pretende.
Ad onor del vero, meglio il divano per la nostra leader donna, più comodo e rilassante che stare accanto a certi uomini che compiono simili nefandezze, sull’opposizione al regime di Ankara. La debolezza istituzionale europea però preoccupa meno rispetto all’insipienza e secolarizzata della cultura occidentale, che non ravvisa più radici in niente e drammatizza un episodio scadente rispetto a tante altre situazioni nelle quali l’Europa è latitante e non reagisce. Come diceva Tolkien, le radici profonde non gelano. Ma le nostre lo saranno abbastanza?