di Fabiola Favilli
La natura selvaggia regnava incontrastata perché le zone costiere erano completamente spopolate: questa l’immagine delle coste toscane dopo la fine dell’impero romano, poiché i barbari arrivavano anche dal mare e la sicurezza non era più garantita dal potente esercito di Roma. L’ultima invasione fu quella di un popolo germanico, i cui uomini non erano rasati come i romani, e per enfatizzare la trasandatezza del loro aspetto – giacchè erano i nemici – furono chiamati Longobarbi, poi Longobardi. Il loro regno in Italia fu fondato dal re Alboino, e la caratteristica principale è che furono barbari cristiani, perché vollero acquisire più caratteristiche possibili dal mondo romano che stavano invadendo e soppiantando. Ai longobardi si devono toponimi come “Gualdo”, cioè bosco, ed anche una leggenda che darà per secoli il nome alla località attualmente chiamata Punta Ala.
Siamo in provincia di Grosseto, nel comune di Castiglione della Pescaia, affacciati su una preziosa costa incontaminata incorniciata da una folta macchia mediterranea; la leggenda dice che un cacciatore longobardo inseguiva al tramonto una femmina di cinghiale ed i suoi cuccioli. Arrivati sulla punta dello sperone di terra che si protende sul mare (la “punta”) la povera bestia si tuffò in mare, seguita dai figli; l’ultima immagine che il cacciatore ebbe prima che la notte avvolgesse l’acqua e la terra fu quella degli animali che faticosamente nuotavano allontanandosi dalla riva. Al mattino tornò sul posto e vide che gli ungulati si erano trasformati in isolotti: una grande seguita da piccoli scogli affioranti dal mare. Così nacque il toponimo di Isola Troia ed i Porcellini, e la località sulla terraferma si chiamò Punta Troia.
Passarono secoli, ed il Maresciallo dell’Aria Italo Balbo si innamorò di quella affascinante e solitaria costa, su cui erano unicamente presenti due strutture d’avvistamento fatte costruire da Cosimo I medici nel XVI secolo per contrastare la pirateria turca; il 14 dicembre 1931 firmò il contratto che lo rese proprietario di tutta l’area e delle due torri, chiamate Il Castello e Torre Hidalgo. La proprietà comprendeva anche due poderi e vaste zone acquitrinose; Balbo provvide a creare le strade, a bonificare, a costruire nuovi poderi ed avviare un allevamento di bovini maremmani, e perfino l’energia elettrica, creata da un generatore a carbone, arrivò in quei luoghi che avevano attraversato i millenni privi di antropizzazione. Restaurò il Castello e ne fece la sua residenza di villeggiatura, a cui arrivava con l’idrovolante o via terra con una potente Citroen; i boschi erano la sua riserva di caccia, e spesso aveva ospiti illustri che trascorrevano con la famiglia Balbo giornate in barca o partecipavano alle cacciate.
Volando sulla sua proprietà notò che la costa disegnava un promontorio simile ad un’ala d’aereo: nacque così il nome Punta Ala, per una felice intuizione dell’allora Ministro dell’Aeronautica del Regno d’Italia.
Bellissimo articolo . Complimenti
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