di Abbatino
Ebbene, per chi ancora aveva dei dubbi, il governo Conte è ormai attaccato al Covid come il riccio allo scoglio. Proroga dello stato di emergenza fino al 15 ottobre, almeno per vedere se esce anche in piena estate quella che ormai è definita saga de “il decreto”: protagonisti Conte e Rocco, Casalino si intende.
Eh sì, la comunicazione prima dei decreti ha fatto scuola in un primo momento, per poi diventare strumento di propaganda politica che crea suspence prima dei testi ufficiali in gazzetta; prorogare l’emergenza vuol dire mani libere, poiché fior fior di costituzionalisti hanno da tempo contestato la legittimità costituzionale degli stessi, impossibilitati ad avere rango di legge, poiché accomunati ai regolamenti, senza potestà legislativa. Surrettiziamente però diventano legge, sulla pelle degli italiani che, al contrario, hanno delegato il parlamento e non il governo, la cui costituzione democratica non consente di fare leggi nelle materie oggetto del Covid. Ma cosa importa ormai, Conte ha l’appoggio del PD e quindi del partito Stato; tutto è consentito, anche contro la costituzione repubblicana. Pertanto, la nave giallorossa va, anzi può andare ancora avanti, perché senza i decreti sarebbe impossibile continuare. Le divisioni, le scaramucce quotidiane, il no al MES dei grillini contrapposto al sì del PD avrebbero accorciato la vita comunque breve di Conte in versione giallorossa. Nel mezzo al decreto e alla proroga dello stato di emergenza sanitaria c’è l’Italia, quella reale, che va in vacanza ma con un occhio al futuro, oppure che non va in vacanza perché più che al futuro guarda al presente, così nero come non mai. Altri sei mesi come i precedenti con questa “ditta” al comando sarebbero definitivi per affossare lo stivale italico, isole comprese.