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martedì, 19 Novembre, 2024

PROCESSO DI PACE IN MEDIO ORIENTE. La pacificazione secondo Kerry

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Mentre Israele nei giorni scorsi ha continuato la sua lotta a difesa dei suoi cittadini e del suo territorio dalla minaccia del terrorismo islamico, John Kerry ha dimostrato per l’ennesima volta la totale sottomissione di Washington ai diktat dei palestinesi, sempre che esista una popolazione che si possa definire storicamente tale.

Settimana scorsa, il Segretario di Stato americano John Kerry si è presentato al Congresso degli Stati Uniti d’America per riferire in merito ai progressi nel processo di pace tra “l’Autorità Palestinese” ed il Governo dello Stato d’Israele e durante il suo discorso si è lasciato andare a espressioni scandalose e decisamente scorrette nei confronti di tutto il Popolo d’Israele, asserendo che Israele con la pretesa di essere riconosciuto come Stato Ebraico è inutile e dannosa per il processo diplomatico in corso, pertanto il governo di Netanyahu dovrebbe rinunciarvi in quanto già con la risoluzione ONU 181 del 1947 Israele viene riconosciuto come tale.

Ora il punto è che Israele, chiede che tale risoluzione sia riconosciuta anche dall’ANP che la rifiuta e che non vuole riconoscere Israele come Stato Ebraico, oltretutto lo Stato Ebraico sta favorendo il processo di pace accettando quasi tutte le proposte che vengono fatte ma che nella realtà lo penalizzano tra cui il rilascio di numerosi terroristi colpevoli di aver fatto strage di innocenti civili israeliani, il controllo del 97% della Giudea e della Samaria, il controllo di tutta la Striscia di Gaza, il controllo del Monte del Tempio e il riconoscimento di  risarcimenti ai “rifugiati” che rinunciano a ritornare nei territori contesi.

La cosa più sconvolgente, comunque, è che il Dipartimento di Stato, in coro con la Casa Bianca, chiede allo Stato di Israele di evitare di far riconoscere ai suoi vicini le sue radici storiche e religiose, un po’ come abbiamo fatto noi europei che, per non offendere la sensibilità dei nuovi invasori islamici, abbiamo rinunciato, nella Costituzione dell’Unione Europea, di enunciare le nostre radici giudaico-cristiane.

Ed è proprio qui che sta il nostro errore, il non aver preso posizione, come popolo europeo, di scrivere, anzi scolpire, nella Carta Costituzionale dell’Europa le nostre radici storiche, culturali e religiose a danno del nostro futuro e dei nostri figli.

Un errore che in nome di una non ben definita integrazione stiamo pagando e pagheremo a caro prezzo con la sudditanza ad una divinità padrona, con la sudditanza ad un individuo che, così si narra, sposò all’età di 52 anni una bambina di 6/7 anni di nome Aisha. Vista la giovane età della sposa bambina, il 52enne attese che ne compisse 9 per congiungersi carnalmente con lei. Sapete chi era quel 52 enne? Maometto, il profeta. 

Ebbene cari lettori, cominciate a chiedervi il perché, a questo punto, il parlamento europeo e tutte le istituzioni dell’Unione sono sempre tanto solerti nel proliferare leggi assurde (tipo il diametro della pizza margherita) non riesce ad emanare una legge comunitaria in materia di pedofilia, anzi semmai fa il contrario cercando da un po’ di tempo a questa parte di far passare tale orripilante fenomeno come una cosa che potrebbe rasentare la normalità. 

Come diceva Oriana Fallaci, non viviamo più in Europa, bensì in Eurabia, viviamo in un continente che sta perdendo la sua identità religiosa e culturale e solo noi, noi italiani, francesi, spagnoli ed europei tutti abbiamo il potere di fermare questo declino e tornare ad essere un faro della civiltà.

Gian Giacomo William Faillace

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