Avere un approccio alla realtà concreto, pragmatico, non preconcetto, non significa abolire la natura umana, semmai significa farne tesoro, depurandone le caratteristiche fondanti da tutte quelle incrostazioni di tipo culturale, appunto ideologiche, che sono superate dai tempi ed impediscono, spesso e volentieri, di fare passi in avanti nel problem solving della vita di tutti i giorni delle persone.
Per motivi attitudinali e professionali allo stesso tempo, sono sempre stato molto incline a sbarazzarmi delle etichette e ad affrontare in maniera non ideologizzata qualsiasi tipo di approccio all’esistente.
Come c’era da sperimentare un’esemplificazione euristica di tipo nuovo che promettesse risultati insperati in ordine ad uno dei problemi che al momento mi stavano a cuore, io, nel limite del rispetto degli altri, sono sempre stato pronto a verificarla e a sottoporla a sperimentazione spinta, senza badare a quelle che erano le idee dominanti e/o preconcette sull’argomento di volta in volta trattato.
In oltre 25 anni di pragmatismo siffatto c’è stato però un limite oltre il quale, anche una volta azzerata ogni etichetta formale sulla natura delle cose, non si può andare.
C’è un bivio che, aldilà di come lo nominiamo, delimita sempre la forma che possiamo far assumere alla nostra risposta di out-put ad uno qualsiasi dei problemi relativi all’umano agire e fare: o partiamo dall’individuo oppure da una sua subalternità rispetto ad un’entità collettiva.
Ogni volta che partiamo dall’individuo, daremo risposte di out-put che non sono impegnative se non per chi le produce, ogni volta che partiremo dall’entità collettiva stiamo presumendo che vi sia qualcuno in grado di conoscere cosa sia meglio per qualcun altro, senza che quest’ultimo glielo abbia richiesto.
Quindi, potremo senz’altro ritenere superate etichette come destra/sinistra o come materialismo/idealismo così come li abbiamo conosciuti in precise epoche storiche e culturali, ma non potremo mai superare quello che le soggiace a livello di natura umana.
Pragmaticamente, potrò dare un calcio in culo ad un nemico comune insieme ad un olista, potrò, pragmaticamente ancora, essere d’accordo con lui su una serie limitata di cose, ma ogni volta che arriveremo al bivio di prima che ci pone innanzi la natura umana ci troveremo, sempre, lui su una strada io su un’altra,
Ne parlai, a suo tempo, di questo limite al pragmatismo riscontrato, con uno dei miei vecchi professori, un vero e proprio precettore per me, il quale, sorridendo, mi spiegò che, questa tendenza all’olismo di alcune persone, può essere vista come una nostalgia inconscia dello stato edenico da parte dell’essere umano, un periodo nel quale il problema della scarsità non era all’ordine del giorno come in seguito alla cacciata e mi spiegò pure che, se il Signore avesse voluto farci tutti uguali, non avrebbe avuto nessun problema a farlo, alla fine raccomandandomi, oltre a fatto di continuare a distinguermi da ogni forma di olismo così come mi veniva naturale, di preoccuparmi, allo stesso tempo, di difendere la possibilità per l’olista di continuare a pensare che lui sappia cosa sia migliore anche per me e per il resto dell’umanità.
Un conto è l’amore per i poveri, un conto è l’amore per la povertà ed il collettivista ha semplicemente scambiato quest’ultima per il primo.
E noi, secondo il mio professore di un tempo, oltre a combattere i danni che questo scambio di termini ha prodotto ovunque sia stato applicato nella storia, dobbiamo anche preoccuparci che il collettivista sia libero di perorarlo. Che vitaccia quella dei libertari.
Ora pensate il voltastomaco che provo, quando, da tali approcci intellettuali, mi trovo ad avere a che fare con chi pensa che il pragmatismo a-ideologico sia una corsa elettorale con un Tabacci oppure con un Renzi di turno oppure con qualsiasi altro responsabile di questo stato di declino nel quale ci troviamo immersi.
Come si fa a scambiare l’opportunismo per pragmatismo senza una buona dose di malafede mista a ragioni di gretta pancia? Sarà una nuova forma di utilitarismo che io non riesco a comprendere? (Qui non credo c’entri nulla la nostalgia dello stato edenico). Aiutatemi voi a capire, io evidentemente sono scarso e non ce la faccio proprio a comprendere. Il voltastomaco vince prima …
di Cristiano Mario Sabbatini
Considerazione notevole, ma non esaustiva. Personalmente da tempo ho più volte suggerito di affrontare qualsiasi problematica valutandola secondo quanto Bastiat suggeriva, cioè cio’ che si vede (lo stato) e cio’ che non si vede (il mercato, cioè il singolo individuo). Purtroppo, a questa terribile Italia esiste un burka inaccessibile che ne vieta completamente la possibilità: la Carta Costituzionale!
Considerazione notevole, ma non esaustiva. Personalmente da tempo ho più volte suggerito di affrontare qualsiasi problematica valutandola secondo quanto Bastiat suggeriva, cioè cio’ che si vede (lo stato) e cio’ che non si vede (il mercato, cioè il singolo individuo). Purtroppo, a questa terribile Italia esiste un burka inaccessibile che ne vieta completamente la possibilità: la Carta Costituzionale!
Considerazione notevole, ma non esaustiva. Personalmente da tempo ho più volte suggerito di affrontare qualsiasi problematica valutandola secondo quanto Bastiat suggeriva, cioè cio’ che si vede (lo stato) e cio’ che non si vede (il mercato, cioè il singolo individuo). Purtroppo, a questa terribile Italia esiste un burka inaccessibile che ne vieta completamente la possibilità: la Carta Costituzionale!