La nuova Imu si chiama Tasi, come tutti ormai sappiamo. Tecnicamente sono due imposte diverse per natura: l’Imu è una patrimoniale mentre la Tasi colpirebbe i cosiddetti “servizi indivisibili”. Pochi giorni fa sempre su questo giornale vi abbiamo dimostrato come in realtà anche la nuova Tasi sia una patrimoniale, e come tale colpirebbe ancora il ceto medio, quello cioè considerato ricco da una burocrazia deviata e da una sinistra furba e spendacciona.
Ieri Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, ha iniziato a preparare il terreno per quella che sarà di fatto una nuova stangata per i cittadini milanesi. Intervenuto in un programma televisivo su TeleLombardia ha definito l’atteggiamento che verrà tenuto dal Comune sull’imposizione delle aliquote, e il criterio guida, dice il sindaco, sarà l’equità: “Aliquota massima per chi può pagare e non ha problemi ad arrivare alla fine del mese ed esenzioni invece per quanto possibile per coloro che non ce la fanno”. “Rivendico”, ha detto il sindaco “questa linea: chi può pagare è giusto che paghi e dia un contributo, chi non può è giusto che non paghi. Faremo di tutto per seguire questa linea di equità”.
Come sarà stabilito chi può pagare e chi no resta comunque un’incognita. Sappiamo però, perché se non altro lo proviamo da anni sulla nostra pelle, che quando la sinistra tira fuori la parola “equità” parlando di tasse (per di più in occasione di una patrimoniale mascherata), il ceto medio dovrà aspettarsi una sonora batosta. Intendiamo con ceto medio la stragrande maggioranza delle famiglie italiane, che, chi più benestanti e chi meno, cerca col sacrificio quotidiano nel lavoro di assicurare il miglior futuro possibile e un presente dignitoso ai propri figli.
Sono questi che secondo il sindaco “si possono permettere di pagare” l’aliquota massima sulla Tasi? Sono questi i ricchi per Pisapia? Le domande ovviamente sono retoriche, e la risposta è si. Si perché lo ha già fatto. Quando si trattò di inserire nel bilancio di previsione le entrate derivanti dall’Irpef, l’imposta sulla persona fisica, Pisapia e la sua maggioranza pensarono bene che i 33.500 euro di reddito sui quali loro stessi (con la Moratti l’Irpef comunale non esisteva) avevano fissato la soglia di esenzione dal pagamento dell’imposta, pensarono bene che fossero troppi, e abbassarono la soglia di esenzione a 21.000 euro di reddito annui. I ricchi, per Pisapia e la sua giunta, guadagnano dai 1500 euro in su.
Per questo quando Pisapia annuncia l’aliquota massima per la futura Tasi, per almeno 735.000 milanesi (quelli cioè che superano la soglia di reddito valida per l’esenzione) si avvicina il rischio di una nuova stangata.
Dal mondo politico forti le contestazioni delle opposizioni. Tra di essi il capogruppo di Forza Italia in Regione Lombardia, consigliere Claudio Pedrazzini, che oggi in visita a Lodi a margine din un incontro col sindaco rivolge un appello a tutti gli altri comuni lombardi, che presto dovranno prendere le stesse decisioni su questa tassa: “Spero che i Comuni, più di quanto abbia fatto finora il Governo di centrosinistra, riescano a comprendere il momento particolare che il Paese sta attraversando e diano il loro contributo per alleggerire, almeno in parte, il carico fiscale che grava su cittadini e PMI”. Un appello che ci auguriamo raccolgano in tanti sindaci, nonostante la tentazione di risanare un bilancio con una tassa facile sia ovviamente forte.
A Milano però sembra che la speranza di avere un’amministrazione che non consideri il ceto medio solo come dei redditi da spremere, si allontani sempre di più. L’unica strada è liberarci di questo sindaco e delle sua maggioranza alle prossime elezioni. In proposito, proprio ieri Pisapia ha rilanciato la sua ricandidatura a sindaco di Milano. Anche il PD si è affrettato a incoronarlo sindaco: “Il candidato del Partito Democratico nel 2016 è Giuliano Pisapia” ha detto il segretario cittadino Bussolati. In sostanza, #Giulianostaisereno.
Gabriele Legramandi