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lunedì, 23 Dicembre, 2024

PER PROFESSIONISTI E ARTIGIANI CONDONO FISCALE O MORTE. L'ultima speranza prima del moltiplicarsi di fallimenti e suicidi

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Ieri decine di migliaia di imprenditori sono scesi in piazza del Popolo a Roma per manifestare contro la classe politica italiana e chiedere a gran voce una riforma del Fisco. Io sto con loro, senza se e senza ma, e anzi rilancio: oltre alla riforma, ci vuole un condono fiscale.

Sì, una volta tanto farò la berlusconiana: sono per il condono fiscale, anzi auspico venga fatto un condono fiscale il prima possibile, prima che un qualche altro centinaio di contribuenti vessati decida di uccidersi, allungando l’infinita lista di suicidi di Stato.

Dal 2008 in Italia sono fallite 50.000 imprese, di cui 14.000 solo nell’appena trascorso 2013, molte delle quali sono morte di tasse, non solo di crisi economica, molte delle quali sono state uccise dalle procedure fallimentari richieste da Equitalia per debiti fiscali.

Mi sembra già di sentire le obiezioni, “così si giustifica l’illegalità”, “ecco, un altro aiutino agli evasori”, “ma con 120 miliardi di euro di evasione fiscale, va represso il fenomeno, non alimentato”. 

equitaliaSì, forse ai 120 miliardi di evasione stimata, che non è mai dato sapere in quale modo venga calcolata, ci può giusto credere una persona oppure una persona che non si sia mai trovata a cercare di gestire una PMI o una Partita Iva; che non abbia alcuna idea di quanti siano gli adempimenti fiscali e burocratici, di come siano complicati, di quanto le leggi tributarie e fiscali sembrino studiate apposta per far sbagliare i contribuenti, di quanto siano alti aggi, interessi e sanzioni di una cartella esattoriale, che arrivano anche a decuplicare la cifra originaria presunta; che non abbiano idea di quanti siano gli imprenditori che dichiarano ogni centesimo al fisco, ma non abbiano i mezzi per pagare tutte le imposte richieste, di quanti siano gli imprenditori che piuttosto che non pagare gli stipendi ai dipendenti o le tredicesime, si trovino costretti a non versare gli anticipi d’imposta obbligatori calcolati sul presunto fatturato dell’anno successivo in percentuale addirittura superiore rispetto al pregresso (103 e 106%), o Iva e tasse su somme fatturate e mai percepite.

Certo, chi non ha mai avuto a che fare con tutte queste cose non può capire l’emergenza le motivazioni per le quali possono essersi accumulati dei debiti fiscali e non potrà mai sostenere un condono, ma voglio provare a convincervi del fatto che con questo Fisco kafkiano, la richiesta non sia proprio infondata.

costituzione-italianaLo Stato italiano chiede legalità e coscienza civica ai propri cittadini, ma allo stesso tempo li tratta da sudditi senza diritti, privandoli dello stesso garantismo propugnato da quella che viene definita la “Costituzione più Bella del Mondo” solo quando fa comodo, colei che dovrebbe assicurare la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, colei che stabilisce che sì tutti i cittadini debbano concorrere alle spese pubbliche, ma in ragione della propria capacità contributiva. In Italia invece capita, anzi più che capita parlerei di prassi consolidata, che il limite venga abbondantemente sorpassato e il diritto individuale calpestato, difatti lo Statuto del Contribuente, la legge dello Stato che dovrebbe tutelare i cittadini nei confronti del Fisco, è in assoluto la normativa più infranta d’Italia. Da chi? Dallo stesso Stato che l’ha pensata, redatta ed emanata.

Basti solo pensare che in Italia il Fisco colpisce in presunzione di colpevolezza utilizzando l’accertamento induttivo con inversione dell’onere di prova, tra cui annoveriamo Studi di Settore e Redditometro per persone fisiche, che permette allo Stato di accusarti senza che debba dimostrare nulla, sulla base dei dati risultanti dai modelli statistici da lui elaborati calcolando arbitrariamente i parametri e presumendo la tua reale capacità di reddito, imponendo per giunta al contribuente accusato di versare il 30% della somma stimata perché possa difendersi da un accertamento illegittimo in commissione tributaria, sommando inoltre le spese legali e i tempi biblici della giustizia italiana. 

commissione-tributaria-Imagoeconomica-672Un altro dato interessante che descrive pienamente quanto il Fisco italiano sia privo di scrupoli  è che il 46,07% dei ricorsi in commissione tributaria che contestano il merito della correttezza della pretesa fiscale vedono la vittoria totale del contribuente, più un altro 13,22% di sentenze parzialmente a favore del contribuente. Insomma, nel 60% dei casi, dopo anni di battaglie legali, si scopre che la richiesta era illegittima. Sì, ma chi non ha i soldi per ricorrere? Taci e paga, evasore, altrimenti pignoriamo. 

E se la presunzione di colpevolezza non bastasse a convincervi del fatto che, molto probabilmente, la famosa cifra di 120 miliardi di evasione stimata non sia propriamente attendibile, un altro dato che può farvi riflettere sulla necessità di un condono fiscale è questo: per pagare imposte e tasse, IMU e Irap in testa, nel 2013 il 63% delle PMI italiane è dovuto ricorrere ai prestiti bancari. Ma come, la Costituzione più bella del Mondo non garantiva il principio di imposizione fiscale in ragione della capacità contributiva? Macché, carta straccia. Il Fisco pretende i soldi sempre, non sta mica a guardare quanto la pretesa sia legittima e sostenibile.

irapIl miglior esempio di imposizione fiscale oltre la soglia contributiva che posso citare è senz’altro l’Irap, imposta regionale sulle attività produttive, una macchinazione degna di una Machiavelli senza pudore, che va a colpire il reddito al lordo del costo del personale e che è dovuta e pretesa anche in pareggio o perdita d’esercizio. Non solo un’estorsione fiscale, va a danneggiare pure l’offerta di lavoro delle imprese. Ma l’Irap è solo una delle tante storture tributarie partorite dalla classe politica italiana, a cui dovremmo aggiungere altre decine e decine di tributi e adempimenti fiscali.

La verità, quella che pochi politici e giornalisti raccontano perché è molto più semplice dare addosso all’evasore fiscale per attrarre consensi, è che l’Italia non è un Paese per imprese e contribuenti, l’Italia è un inferno fiscale. Fare l’imprenditore nel Bel Paese è un calvario, tra una pressione fiscale reale che arriva a toccare il 68,4%, e che addirittura sfiora l’80% in alcuni settori, una burocrazia elefantiaca, kafkiana e insostenibile e una giustizia inefficiente, ma che dico inefficiente, inesistente. 

Ichiuso-fallimentol piccolo imprenditore italiano è una sorta di moderno Don Chisciotte che combatte contro una classe politica sorda e cieca, che al posto di lavorare per cercare di creare un tessuto economico migliore, adatto all’insediarsi di nuove attività e attirare nuovi capitali, sembra fare qualsiasi cosa in suo potere per cacciare le imprese, rendendo l’imposizione fiscale sempre più alta e gli adempimenti burocratici sempre più numerosi e tortuosi.

Insomma, per tutti questi motivi io sono favorevole al condono per tutte quelle imprese e famiglie in oggettive difficoltà economiche, che non risolve la situazione senza sostanziali riforme e pesanti detassazioni fiscali, ma può servire a salvare imprese, posti di lavoro e vite. 

Lo Stato italiano dovrebbe mettersi il cuore in pace e capire che se i soldi che pretende non ci sono, non si recuperano mandando cartelle esattoriali a pioggia con interessi e aggi da strozzinaggio, non si recuperano dalle migliaia di aziende che continuano a fallire, ma soprattutto non si recuperano dai centinaia di morti di Stato che si suicidano perché impossibilitati a pagare.

Charlotte Matteini

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