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venerdì, 29 Novembre, 2024

PER ENTRARE NEL PALAZZO, SI PASSA DALLA PIAZZA. Cosa ci dice la vittoria del sì

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di Gabriele Rizza

L’esito del referendum costituzionale per il taglio dei parlamentari è stato inequivocabile: il sì ha vinto con quasi il 70% dei voti. A questo risultato rotondo, va aggiunta la bassa affluenza alle urne, che non ha visto partecipare nemmeno la metà degli aventi diritto. Quindi, oltre ad essere in maggioranza disillusi e ostili al Parlamento, gli italiani sono ormai soprattutto indifferenti alla politica, alla sua classe e alle sue Istituzioni. Ha un senso ben preciso citare la parola “politica” insieme all’espressione “classe politica”: essere delusi da una classe politica e dirigenziale, non significa automaticamente smettere di credere e sperare in una nuova “avanguardia”, invece ci troviamo sulla cresta di un’onda ormai prossima ad infrangersi su una riva dura quanto il marmo, dove il significato di “cattivo politico” si sovrappone a quello di “politica”. Certo è che le speranze degli ultimi vent’anni hanno via via “cinicizzato” il comune sentire del popolo italiano, creando un solco profondo tra la piazza e il palazzo. Eppure, per dirla banalmente, piazza e palazzo non stanno l’uno su Giove e l’altro su Marte, anzi, in democrazia ognuno è lo specchio dell’altro, perché per entrare nel palazzo bisogna passare dalla piazza. Scolleghiamo in modo del tutto sbagliato il Parlamento dai Consigli regionali e comunali, quando invece è proprio dal “piccolo” che passa il futuro politico che intascherà un corposo stipendio a Roma, ed è in questa realtà circoscritta, conosciuta e vissuta dal singolo cittadino che la politica si declina nel suo significato più espressivo: la creazione della futura classe dirigente. Non si può sempre credere alla favola del politico “traditore” e furbo, gli strumenti civici e culturali non sono altro che devi valori riconoscibili all’occhio di chi vive una città, quali la capacità di visione, la passionalità, la dedizione e la creatività; se questi non vengono riconosciuti la colpa non è solo del politico bravo a dissimulare, ma anche del cittadino incapace di scegliere il meglio per la propria terra. Non si tratta di ideali di destra o sinistra, di voto utile o sprecato, ma semplicemente di donne e uomini, e per essere elettore o rappresentante, donna o uomo, bisogna esserlo tanto. Inoltre, che abbia il concetto di “comunità”, proprio quello che da tempo ormai in Italia si è smarrito.

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