di Gabriele Rizza
Torna la saga della caccia all’untore: dopo i runner e i proprietari dei cani, sono i giovani frequentatori dei locali notturni i protagonisti del nuovo capitolo. Il ministro della sanità, Roberto Speranza, ha appena ordinato la chiusura delle discoteche su tutto il territorio nazionale, seguendo l’esempio di alcune regioni, Calabria in testa.
Gli effetti e i risvolti della decisione sono diversi ed emblematici: da una parte risveglia giustamente l’attenzione al virus, forse affievolita dalle vacanze estive, dall’altra lo fa sulla pelle dei lavoratori del settore e del suo indotto, fatto non solo di dj e barman ma anche di altre attività commerciali, come bar, chioschi e cornetterie. Si potrà dire che i contagi non sono prevedibili e che si agisce in base ai bollettini giornalieri, ma allora ci si chiede a cosa sia servito la serrata primaverile se non a studiare metodi e protocolli in grado di coniugare la tutela della salute e la tutela del diritto al lavoro e della vita sociale (che non corrisponde alla movida) degli italiani. Continuare a pensare che regioni e governo debbano agire come fossero medici e non governanti è una coperta sempre troppo corta; la politica serve a conciliare i diversi aspetti vitali ed essenziali della società, e se non riesce a farlo il risultato è sempre quello di dividere la popolazione, come lo è oggi tra chi è più preoccupato dai contagi e chi lo è perché nuove chiusure metteranno di nuovo in crisi milioni di famiglie. L’esito della divisione è lo scontro, che sfocia in ansia e stress, e la caccia all’untore è solo uno dei sintomi.
Non è finita qui. Con questo provvedimento le istituzioni innescheranno un ragionamento nella testa degli imprenditori di tante categorie: non investirò e assumerò perché se oggi mi è consentito qualcosa, domani all’improvviso potrà non esserlo più. Siamo davanti un suicidio economico, soprattutto se si considera che l’economia è fatta in gran parte di aspettative.
D’altro canto, il motto dell’estate anticovid è “che Dio ce la mandi buona”, perché alla fine sta tutto qui: non aprire o controllare davvero le discoteche e altri luoghi di movida a giugno richiedeva aiuti economici al settore che non ci sono e allora facciamoli aprire, sperando che tutto andrà bene.