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martedì, 17 Dicembre, 2024

ONTOLOGIA ED UMANESIMO (II)

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di Stefano Sannino

1.1 Introduzione

Se la prima fase della storia della filosofia era incentrata sulla ricerca del principio primo di tutte le cose, dal 500 a.C. circa, con la scuola eleatica di Parmenide prima e con la filosofia dei sofisti e di Socrate dopo, si assiste ad un netto cambio di tendenza nellinteresse filosofico.
Loggetto dellindagine razionale della filosofia antica non è più lἀρχή quale origine della φύσις(clicca qui per approfondire https://www.lacritica.org/la-nascita-delluniverso-i-presocratici-i/), bensì luomo, in un rinnovato e rigenerato interesse umanista.
La filosofia di questa fase è dunque uno sforzo razionale delluomo che pensa se stesso e cerca di comprendersi, lasciando da parte (almeno per il momento) la vocazione prettamente fisico-scientifica della fase presocratica.

1.2 La svolta filosofica di Parmenide

Parmenide di Elea visse tra il VI ed il V secolo a.C, una piccola polis dellItalia meridionale, ove fondò la sua scuola. La scuola di Elea in generale ed il pensiero di Parmenide in particolare sono fondamentali perché segnano il vero punto di svolta dalla fase presocratica a quella socratica. Linteresse di Parmenide non era tanto dunque quello di identificare un elemento che avesse dato origine allUniverso, quanto quello di indagare lEssere stesso, lesistenza in quanto tale.
Il pensiero parmenideo ci è pervenuto sottoforma di di frammenti facenti parte di un poema, il Sulla Natura, unopera in cui lautore si immagina accompagnato dalle figlie del Sole verso le porte della verità. È proprio nella prima parte di questo straordinario poema che la dea Dike (giustizia) rivela al filosofo che sono solo due le vie della verità, ciascuna delle quali consiste nellaffermazione o nella negazione dellesistenza. Nel frammento 2, 3 leggiamo infatti che estin te kai hos ouk estin me einai
(È e non è possibile che non sia), mentre nel frammento 2,5 leggiamo ouk estin te kai hos chreon estin me einai (non è e non è possibile che sia). Questi due modi dessere affermano entrambi la medesima cosa, ovverosia che lesistenza è assoluta e che dunque una sola di queste due vie è valida per pervenire alla verità: la prima. Il non-essere, infatti, non può produrre la conoscenza poiché il non-essere non esiste. È dunque necessario, per il filosofo di Elea, scegliere la prima via e seguirla con dedizione.

Vi è però una terza via, da rifiutare quanto la seconda, ovverosia la via ibrida, quella che afferma «è e non è». Anche questa via fa rifiutata poiché non produce conoscenza: solo lesistente può essere dibattuto e quindi conosciuto. Il pensiero parmenideo è dunque un pensiero incentrato sullesistenza, intesa in senso assoluto senza soggetti che la precedono. È lesistenza il nuovo focus della filosofia greca e non più la natura ed i suoi fenomeni.
Ciò che Parmenide fa è dunque sviluppare un intero pensiero sullEssere che acquisisce così delle caratteristiche ben precise, oggi associate dalla teologia niente meno che a Dio, lessere supremo. LEssere parmenideo è dunque ingenerato, poiché non si dia il caso che lessere nasca dal non-essere; imperituro, poiché non si dia il caso che lessere diventi qualcosa di diverso da se stesso (il non-essere); infinito, poiché non si dia il caso che al di fuori dellessere ci sia il non-essere (che non esiste); immobile, poiché non si dia il caso che lessere possa spostarsi da un punto A ad un punto B in cui non è presente e dunque dove c’è il non-essere, che però non esiste.

Lontologia, intesa come discorso sullesistenza,  è dunque una disciplina di cui Parmenide è il padre e che dal V secolo a.C. influenza non solo la filosofia (basti pensare a Plotino ed alle sue Enneadi), ma anche la Teologia e la Teosofia o, più genericamente, la Metafisica.
In un parossismo filosofico, ciò che il Sulla Natura di Parmenide fa è proprio abbandonare la natura e salire allastrazione dellesistenza assoluta, della ζωή.

2.1 Lumanismo dei sofisti

Un altro movimento filosofico da tenere in considerazione è quello dei sofisti, nome che già allepoca aveva assunto una valenza prettamente negativa, dispregiativa.
In realtà, il termine sofista deriva dal greco σοφία, sapienza.
La cattiva fama dei sofisti derivava dal loro presentarsi come educatori di professione, dunque maestri e filosofi che esercitavano sotto compenso. Per trovare nuovi clienti i sofisti erano soliti fare sfoggio pubblico di argomenti filosofici e logici particolarmente sovversivi, così da attirare lattenzione del pubblico. Questa pratica, però, fini per essere con il tempo controproducente, rendendo i sofisti odiati e disprezzati non solo dai loro concittadini, ma anche da altri filosofi come Platone o Aristotele.
Per comprendere quanto negativa fosse la fama della sofistica, basta pensare al fatto che una delle accuse mosse contro Socrate più frequentemente era proprio quella di essere un sofista.
Ma perché allora è necessario ancora oggi studiare questi filosofi?
Il loro merito, oltre ad aver preceduto lusanza ancora oggi esistente di ricompensare pecuniariamente gli insegnanti, è sicuramente quello di aver spostato lattenzione filosofica dalle sfere della natura e della metafisica, alluomo. Celebre, in questo senso, è Protagora filosofo vissuto tra il 481 a.C. ed il 411 a.C. che sviluppò la famosa teoria dellhomo mensura.
«Luomo è misura (mètron) di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono». Questa è, senza dubbio, una delle espressioni più identificative del sofismo protagoreo e non solo, tanto che è rimasta nella storia come una delle frasi più sovversive di sempre. Ciò che questa espressione sovverte non è tanto un nomos sociale o filosofico, quanto il cardine della filosofia stessa: le cose non sono più in quanto sono, ma sono solo come lindividuo le percepisce. Questa forma di individualismo, inedito ed inaspettato nella storia del pensiero filosofico, ha creato tanto scalpore da essere passato alla storia.
Ció che però Protagora stava dicendo era in realtà molto semplice: una zuppa può essere buona per me, ma orribile per il lettore; una stanza può essere calda per me, ma fredda per un altro lettore.
Ciò che ci permette di conoscere le cose è in realtà la nostra percezione sensibile delle stesse.
Tutto è soggettività, nulla è in quanto è. Non esiste dunque una zuppa assolutamente buona o una stanza assolutamente fredda, ma saremo noi, in quanto individui, a percepire quella zuppa e quella stanza come buona o brutta, calda o cattiva, a seconda della nostra propria percezione.
Luomo è in questo senso il metro dellesistenza, luomo è misura di tutte le cose.

2.2 Socrate

Parlare di Socrate non è mai semplice, per molte ragioni. In primo luogo bisogna riconoscere che ciò che sappiamo di Socrate ci arriva da fonti non sempre oggettive, sopra tutte Platone che ne du allievo e probabilmente, some spesso avveniva tra maestri e allievi, amante. In secondo luogo bisogna anche prendere coscienza che Socrate non scrisse mai niente di suo pugno: non abbiamo quindi accesso alla fonte diretta della sua filosofia, ma solo a fonti secondarie che, per quanto autorevoli, difficilmente mantengono loggettività della narrazione. Se dovessimo ascoltare Aristofane, per esempio, Socrate era niente di più che un ciarlatano ed un corruttore di giovani. Ma se dovessimo ascoltare Platone, Socrate era un illuminato, lunico vero filosofo di Atene. Questo rende la materia socratica se non impossibile, quantomeno molto difficile.
Per questo motivo ciò che bisognerebbe tenere presente nellanalizzare Socrate non è tanto lobiettivo della sua filosofia, quanto il metodo.
La maieutica, ovvero larte del far partorire, fu introdotto probabilmente da Socrate come metodo predefinito del suo filosofare quale arte del far partorire le anime. La conoscenza vera è già dentro ogni uomo, compito del filosofo è solamente quello di portare allesterno, quasi in una sorta di parto, tale sapere.  Anche sul metodo socratico, vi sono però una serie di pareri discordati. Senofonte, che vuole presentare un Socrate costruttivo, rende marginale la funzione della confutazione nel metodo socratico, dando molto più peso alla cosiddetta pars costruens. Platone, al contrario, rende lelechos socratico la confutazione) centrale nel processo maieutico. Perfino la ben nota ironia socratica è avvolta nel mistero, nonostante ci siano ad oggi pochi dubbi sul suo ruolo centrale della filosofia di Socrate.
Il merito socratico è principalmente quello di aver esaltato luomo, attraverso il famosissimo γνῶθι σαυτόν o nosce te ipsum in latino. Attraverso la conoscenza che ogni uomo ha di se stesso è possibile dunque partorire il verso sapere ed applicarlo non solo nella propria quotidianità, ma anche nel proprio vivere politico ed etico. Proprio come diceva Cicerone «Socrate fu il primo che fece scendere la filosofia dal cielo, a collocarla nelle città, a introdurla nelle case e a costringerla a occuparsi della vita e dei costumi, del bene e del male» (Tusc. Disp. V 10)
Socrate ribadisce ciò che i sofisti, a modo loro, avevano fatto ovverosia spostare lattenzione filosofica non sulla natura ma sulluomo, dando il via ad una prima forma di umanesimo senza precedenti.

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