di Gabriele Rizza
Via libera al nuovo dpcm che disegna l’Italia da qui fino alle porte dell’estate, una road map per l’Italia che può tornare a lavorare. Come al solito però, le vecchie abitudini del Conte II non hanno abbandonato l’attuale inquilino di Palazzo Chigi, presentando un decreto pieno zeppo di controsensi e incongruenze logiche – economiche, segno dell’incapacità di tenere sotto controllo la situazione pandemica ed economica. Infatti, su un punto il tentativo di “ribellione” di Matteo Salvini – che si è astenuto nel voto al dpcm – ha una sua chiara fondatezza: come è possibile permettere ai ristoranti di lavorare anche a cena mantenendo però il coprifuoco alle 22? Logico sarebbe stato posticiparlo almeno fino alle 23, se non alle 24. Non è per le abitudini alimentari degli italiani e per il loro buon gusto in cucina, non è per i capricci dei giovani che il problema posto da Salvini è sacrosanto, è una questione di rispetto, chiarezza e trasparenza nei confronti dei ristoratori. Agli orari ci si abitua, così come ci si è abituati allo spritz alle cinque di pomeriggio ci si abituerà a cenare alle sette e mezza, ma la capacità di lavoro per i ristoratori sarebbe così esigua da rendere i costi superiori alle entrate: un ristorante nella normalità lavora almeno su due o tre turni, con il coprifuoco alle 22 se ne terrà solo uno e in capacità ridotta visto che è concesso consumare solo all’aperto, e però i costi delle bollette, del personale, degli affitti e le tasse continueranno ad essere gli stessi. Si apre per aprire ma non per lavorare e fare impresa. Il sospetto che la peggiore delle abitudini del governo precedente non siano state soppiantate dalla competenza è lecito e fondato: non ci sono soldi per nuovi e congrui ristori e allora si permette di aprire per lavarsene le mani. Saltano così in aria i sacrifici fatti in nome della salute, perché se ondeggiamo tra il morire di virus e di fame la coperta sarà sempre corta, tappi un buco e si apre una voragine senza che nessuno dei problemi sia risolto. Che il caldo e l’estate che avanza aiuti l’Italia, a distanza di un anno la miglior arma contro il virus è ancora questa, purtroppo.
Mario Draghi è il simbolo della rassegnazione alla tecnica e della sfiducia nella politica, per competenze e stanze del potere conosciute gode di un’aurea incriticabile, però bisogna tenere a mente che l’Italia è pur sempre la stessa del 2020 e che i ministri dei disastri occupano ancora la loro poltrona. Roberto Speranza è ancora ministro della salute, proprio colui che qualche giorno fa tuonava: “Senza l’Europa non ce l’avremmo mai fatta”, nonostante i fallimenti sui vaccini e aiuti urgenti e rapidi inesistenti.