di Gabriele Rizza
Dopo due anni di pandemia il governo si rende conto che l’altra faccia del lockdown è la tenuta mentale degli italiani, dai bambini agli anziani. A porre il problema sotto gli occhi del ministro della salute, Roberto Speranza, è una petizione lanciata sul web che ha raccolto circa 250 mila firme in pochi giorni, che chiedeva l’istituzione di un bonus o una forma di agevolazione per accedere gratuitamente, o con una spesa molto ridotta, ad un percorso con gli specialisti della salute mentale, psicologi, psichiatri e psicoterapeuti. Tuttavia, la commissione in Senato ha bocciato l’iniziativa, sostenuta da fondi limitati, meno di 50 milioni di euro.
Suona sempre tutto più buffo (ad esser buoni e speranzosi) in quest’Italia pandemica. Il governo adesso si preoccupa della salute mentale degli italiani, agendo però in maniera opposta ad un criterio di ragionevolezza: dice che i bambini soffrono la DAD, eppure bastano tre contagi in una classe per mandarla di nuovo a casa, prende atto che gli italiani sono confusi dal continuo stop and go di chiusure e regole che durano da Natale a Santo Stefano, e nel giro di due settimane ha varato cinque nuovi decreti anti-Covid, con regole, sotto regole e regole, che prima c’erano e una settimana dopo no. Il governo fa appello agli italiani di non abusare dei tamponi, ma continua – con a capo la burocrazia del Cts – ad ancorare l’andamento della pandemia con il numero dei contagi e non della malattia, proprio ora che omicron ci porta verso la fase endemica del virus. Il governo vuole stanziare fondi per l’accesso gratuito o quasi a cure psicologiche, ma bombarda gli italiani con il bollettino quotidiano dei contagi, omettendo di dire – come sottolineato dall’infettivologo Matteo Bassetti – quanti positivi sono in ospedale per i sintomi della malattia e quanti per altre patologie o infortuni e poi trovati positivi al tampone di rito.
È un paradosso in questa Italia pandemica, come la miglior commedia all’italiana non saprebbe fare. Oltre ad essere buffa e paradossale è anche ignorante: perché i percorsi psicologici non sono un voucher, delle sedute o un tot di ore gratuite, ma percorsi soggettivi, come unica è la mente di ogni essere umano. Occorre una riflessione più profonda, e già che il problema è posto, rivedere anche cosa non va nel percorso di studi e formazione degli addetti ai lavori. Ad esempio, la scuola di specializzazione per psicoterapeuti è l’unica specializzazione dove sono gli iscritti a pagare, mentre i medici specializzandi sono retribuiti, sulla base però di una selezione meritocratica, mentre invece agli aspiranti psicoterapeuti basta pagare. Ma a chi è meritevole dovrebbe invece essere retribuito, almeno non perderci. Del resto, è una scuola dalla durata di ben quattro anni con esame finale.