di Sara Matteucci
Se per anni si è pensato che per ottenere una chioma da invidia bastasse utilizzare un buono shampoo, questo metodo vi farà ricredere…
E’ una tendenza già in voga negli Stati Uniti, vanta grandi sostenitori come l’attrice e beauty guru Gwyneth Parltrow.
Il no poo in inglese vuol dire letteralmente no shampoo, infatti il metodo prevede il solo utilizzo di acqua per lavare i propri capelli.
Vi starete chiedendo per quanto tempo si possa rinunciare allo shampoo?
Consultando i pareri di chi ha provato il metodo i primi risultati sarebbero visibili dopo qualche settimana.
Stando a questo fondamento logico il consumo abituale di shampoo contenenti agenti chimici andrebbe a compromettere il livello di sebo (olio) del cuoio capelluto, si innescherebbe un meccanismo di maggior produzione di questo alimentando così la necessità di ricorrere nuovamente a un nuovo lavaggio.
Un circolo vizioso che può essere interrotto al fine di normalizzare il cuoio capelluto.
Il dermatologo Jim Leyden con un esperimento su diversi pazienti ha riscontrato che il mancato utilizzo dello shampoo dopo un mese determinasse un minor sviluppo di forfora.
Una ricerca su 42000 prodotti per la cura personale svolta dall’Environmental Working Group (EWG) ha riportato che la maggior parte degli shampoo hanno al loro interno almeno una sostanza chimica che “solleva preoccupazioni”.
Pensare che lo shampoo venne commercializzato nel lontano 1930 grazie a Kasey Hebert, che portò in auge per la prima volta questa nuova formulazione molto simile al sapone; ma il termine shampoo vanta più di 250 anni e venne introdotto nel linguaggio comune da Sake Dean Mahomed che aprì un bagno pubblico a Brighton dove con una miscela a base di acqua ed erbe trattava i capelli rendendoli profumati e luminosi.
Se pensate che il profumo della chioma sia irrinunciabile non temete, il no poo consente talvolta delle alternative. Per il lavaggio potrete usare bicarbonato di sodio e subito dopo aceto diluiti. Mentre per non rinunciare a nutrice il capello via libera al miele ed ai vari olii (cocco, oliva…), o altrimenti una polvere di alghe, rimedio noto soprattutto in Giappone.
Una scelta green dal notevole impatto positivo sull’ambiente: minore sarebbe il consumo dei contenitori di plastica e inoltre ne gioverebbe la flora, spesso sotto attacco degli agenti chimici, tra cui i fungicidi contenuti negli shampoo.
Potrebbe valerne la pena provare!